Sisma in Turchia e Siria, Di Girolamo: “Ecco perché tanti edifici sono crollati”

Nel riquadro piccolo: l'ingegnere Roberto Di Girolamo (foto presa dal suo sito internet). Nel riquadro grande: una foto aerea degli effetti distruttivi del terremoto in Turchia

“L’ingegnere edile non costruisce le case perché non si lesionino a causa di un terremoto, ma perché non crollino sui suoi abitanti. In fase di progettazione, va salvaguardata la vita umana, non la struttura. Un lavoro è dunque ben fatto quando l’edificio – pur gravemente lesionato – rimane in piedi. Questo non è avvenuto in Turchia e Siria, dove migliaia di edifici si sono sbriciolati. Ma in questo specifico caso il sisma è stato così potente che le carenze strutturali non hanno avuto il peso principale”.

E’ quanto spiega a Interris.it l’ingegner Roberto Di Girolamo, strutturista impegnato nella ricostruzione post-terremoto nel Centro Italia, in merito ai danni prodotti dal disastroso terremoto in Turchia e Siria del 6 febbraio scorso.

Carenze strutturali e forza della natura

“Se un terremoto di magnitudo 7.9 capitasse in Italia procurerebbe probabilmente gli stessi danni o comunque sarebbe certamente un disastro. Crollerebbero anche edifici moderni. Perché l’energia sprigionata è stata tantissima”.

Fortunatamente in Italia i terremoti hanno una magnitudo molto più bassa, 6.5 – 7 gradi sulla scala Richter, rispetto a quello in Turchia. L’energia che si sprigiona con un solo grado in più di magnitudo – da 6.5 e 7.5 – è 400 volte maggiore. Quanto accaduto al confine tra la Turchia e la Siria, con una magnitudo vicina a 8, è stato qualcosa di eccezionale per forza e distruzione”.

“Tra l’altro, dalle foto aeree si è potuto constatare che molti dei palazzi crollati erano stati costruiti proprio lungo la linea di faglia”, prosegue Di Girolamo. “Il terremoto ha prodotto una dislocazione del terreno. Vale a dire che la terra si è spostata in orizzontale di circa tre metri. E’ impossibile con queste premesse che un palazzo possa resistere a una sollecitazione tanto forte. In questi casi, il crollo era inevitabile e non dipende dalla qualità del materiale di costruzione, dall’adeguamento alle norme antisismiche o dall’anno di costruzione”.

“Discorso un po’ diverso per quei palazzi che si sono praticamente sgretolati alle sollecitazioni, mentre altri lì vicino sono stati fortemente danneggiati ma sono rimasti in piedi. In questo caso, pur usando il condizionale, la scarsa qualità dei materiali utilizzati per le costruzioni edili durante il boom economico della Turchia ha presumibilmente contribuito all’enorme sacrificio in vite umane che i due Paesi stanno scontando”.

“Ciò premesso – prosegue l’ingegnere – è difficile quantificare quanto il fattore umano abbia influito sul danno, perché l’evento tellurico è stato così potente da essere comunque un evento fuori scala. Un terremoto così forte mette a dura prova qualsiasi edificio: il sisma ha infatti fatto crollare anche edifici nuovi costruiti con criteri antisismici (che sono poi gli stessi della normativa Italiana ed Europea). Perciò, nelle zone a più alta intensità, come già detto, non era possibile che restassero in piedi. In altre zone, se la progettazione fosse stata fatta in modo opportuno, io credo che si sarebbero danneggiati gravemente ma non sarebbero crollati, salvando le vite delle persone all’interno”.

“In Italia un terremoto di questa potenza è impossibile che avvenga. ciò nonostante, l’Italia è una zona sismica. Dunque, per le nuove costruzioni, è necessario prima considerare le mappe di rischio sismico. Queste non sono sicure al 100% perché sono delle estrapolazioni statistiche e in alcuni casi hanno sottostimato la potenza del terremoto. Per esempio, il sisma in Emilia Romagna fu molto più forte di quanto ipotizzato. Ciò nonostante, le mappe restano uno strumento indispensabile perché la percentuale di errore è relativamente bassa”.

“La certezza matematica, quando si tratta di terremoti, non esiste. L’unico reale strumento contro la potenza dei terremoti non è riparare il danno, ma la prevenzione. Vale a dire: evitare di costruire nelle zone altamente sismiche. La microzonazione sismica diventa così uno strumento indispensabile. La scala Richter infatti è solo una semplificazione del quantitativo di energia che un terremoto può sprigionare. Ma non è detto che il danno prodotto dall’onda sismica sia poi proporzionato al livello misurato dalla scala Richter!”

“Se un terremoto è di magnitudo 4 ma è superficiale e ubicato proprio sotto un centro abitato, produrrà molti più danni di un sisma più potente ma con ipocentro in profondità, distante dai centri abitanti o addirittura lontano dalla costa, dove molta dell’energia verrà dispersa in mare. Per questo è di vitale importanza tenere conto di dove si costruisce. E invece nessun piano urbanistico (anche in Italia) tiene conto della microzonazione sismica per capire come risponde il terreno”.

“In una zona come quella al confine tra Turchia e Siria, posta lungo la linea di tre distinte placche tettoniche particolarmente attive, non bisognava costruire per niente. E’ inutile in questo caso parlare di norme aggiornate o di innovative tecniche di costruzione anti sismiche. Speriamo – conclude l’ingegnere De Girolamo – che questa immane tragedia serva come monito per tutti e che in futuro non si debba più ripetere”.

Milena Castigli: