Una nuova mafia, che utilizza sempre più i social e le criptovalute, meno la violenza. Ed è molto più attenta al business. È questo il quadro che emerge nell’ultima Relazione semestrale al Parlamento della Direzione investigativa antimafia (DIA).
La relazione semestrale DIA
“È sempre più frequente l’uso dei social network per condividere messaggi testuali e frammenti audiovisivi espliciti di ispirazione camorristici”, evidenzia l’ultima relazione della Dia relativa al primo semestre 2021 riportata da HuffingtonPost.
“Forte è il rischio che l’identità mafiosa possa prendere il sopravvento anche attraverso la credibilità e l’autorevolezza del profilo social che esalta e diffonde la reputazione criminale del soggetto con lo status di uomo di camorra. Attraverso fotografie e post gli affiliati alle organizzazioni criminali ostenterebbero l’appartenenza al gruppo e commenterebbero le azioni di fuoco: l’esaltazione del potere criminale del proprio gruppo, unita alla pratica diffusa dell’ostentazione ricorrente, fornirebbero un chiaro quadro della perversa sottocultura mafiosa con cui la camorra tenta di imporre la propria affermazione sul territorio”.
Il nuovo interesse per criptovalute e Nft
Secondo la Dia le consorterie criminali sono interessate “alle più moderne tecnologie e in particolare a tutti gli strumenti che permettono un rapido e invisibile passaggio di denaro, testimoniato dal ricorso a pagamenti effettuati con criptovalute quali i Bitcoin e più recentemente i Monero, che non consentono il tracciamento e sfuggono al monitoraggio bancario”. Lo sottolinea la Direzione investigativa antimafia in un passaggio della relazione al Parlamento per il primo semestre 2021.
La relazione cita, come “nuove minacce in tema di riciclaggio” anche le procedure degli Nft [non fungible token, ndr] “allorquando potrebbero essere volte a nascondere la provenienza illecita dei capitali utilizzati per le transazioni”. Tali pratiche – evidenzia la Dia – si svolgono “in un ambito non ancora normato e per il quale non sono previsti obblighi puntuali in capo ai suoi attori (operatori/utenza)” e “potrebbero agevolmente costituire una nuova ed appetibile opportunità”.
Meno violenza e più business
Nella relazione si sottolinea anche come la mafia degli ultimi anni utilizzi meno la violenza e si concentri invece più sul business. “Da un lato meno azioni cruente e comportamenti in grado di provocare allarme sociale, dall’altro la tendenza dei sodalizi mafiosi a una progressiva occupazione del mercato legale” si legge nel documento. Calano gli omicidi di tipo mafioso, da 9 del I semestre 2020 a due, e le associazioni di tipo mafioso, da 77 a 57. E la propensione a inquinare l’economia legale trova conferma nell’incremento delle segnalazioni di operazioni sospette, 49.104 nel I semestre 2019, 54.228 nel I semestre 2020 e 68.534 nel semestre 2021, e delle interdittive antimafia, rispettivamente 279, 384 e 455.
Messina Denaro ancora figura leader
La Dia analizza poi il caso di Cosa Nostra, che “continua a soffrire di una “crisi di leadership” che “sembra non potersi risolvere a causa dei continui contraccolpi subiti dalla persistente azione di contrasto giudiziario degli ultimi anni. I vecchi uomini d’onore che fanno ritorno nei propri territori di competenza – sottolineano gli analisti della Dia – ambiscono a manovrare nuovamente le leve del potere mafioso ma lo vogliono fare a modo loro a pieno titolo e senza condivisione con i reggenti. Spesso non ne riconoscono la caratura e lo spessore criminale e con questi non temono di arrivare alla contrapposizione”.
“Sono i portabandiera di una ortodossia difficile da ripristinare a fronte di una visione più fluida del potere mafioso declinato in chiave moderna. Si tratta di due approcci differenti che rischiano di polarizzare la dialettica tutta interna a Cosa nostra e di focalizzare in futuro risorse ed energie in lotte intestine”.
Ma Matteo Messina Denaro, sottolinea la Dia, è ancora “la figura criminale più carismatica di cosa nostra e in particolare della mafia trapanese: nonostante la lunga latitanza egli resterebbe il principale punto di riferimento per far fronte alle questioni di maggiore interesse che coinvolgono l’organizzazione oltre che per la risoluzione di eventuali controversie in seno alla consorteria o per la nomina dei vertici di articolazioni mafiose anche non trapanesi”.
Tuttavia, benché “u siccu” continui a beneficiare della fedeltà di molti sodali, negli ultimi anni sarebbe cresciuto “uno strisciante malcontento in alcuni affiliati”, si legge nella relazione: “insoddisfazione connessa con le problematiche derivanti dalla gestione della lunga latitanza peraltro resa difficile dalle costanti attività investigative che hanno colpito in larga parte la vasta rete di protezione del boss“.
A Palermo sodalizio tra Cosa Nostra e clan nigeriani
Ciò che rileva inoltre la Dia è che Cosa Nostra “fa accordi con clan nigeriani”. “Lo scenario criminale siciliano si presenta variegato per la compresenza nel territorio regionale di organizzazioni di matrice mafiosa sia autoctone che allogene. Cosa nostra non rappresenta l’unica matrice criminale di tipo mafioso operante nella trinacria” scrive la Dia.
“Se nel versante occidentale essa conserva un’immutata egemonia benché si registri la presenza molto attiva di gruppi criminali di etnia nigeriana operanti soprattutto nel capoluogo, nell’area orientale sono tuttora attive compagini storicamente radicate quali la ‘stidda’ e altre numerose organizzazioni mafiose non inquadrabili nella struttura di cosa nostra – spiega la Dia -. Anche in questo quadrante la mafia nigeriana è ben radicata e particolarmente attiva in diversi settori criminali”.
‘Ndrangheta più silente. Ma vuol espandere i propri traffici illeciti
Per quanto riguarda invece la ‘Ndrangheta, la Dia sostiene che sia molto più silente di un tempo, che sia ancora leader nel mondo del narcotraffico, ma che vorrebbe espandere ancora i propri traffici illeciti. “Silente ma più che mai viva nella sua vocazione affaristico-imprenditoriale”: senza abbandonare il ruolo di leader nel traffico internazionale di cocaina, potrebbe tentare una ulteriore espansione dei propri affari illeciti anche attraverso possibili mutamenti degli equilibri criminali con sodalizi di diversa matrice” afferma la Dia.
Secondo l’organo antimafia, va tenuta in conto anche “la capacità delle consorterie criminali calabresi di relazionarsi con quell’area grigia di professionisti e dipendenti pubblici infedeli che costituiscono il volano per l’aggiudicazione indebita di appalti pubblici” e “la diffusa corruttela interverrebbe sulle dinamiche relazionali con gli enti locali sino a poterne condizionare le scelte ed inquinare le competizioni elettorali”. La relazione registra però anche “una significativa inversione di tendenza” con il “quasi inedito fenomeno delle collaborazioni“, non solo all’interno dei sodalizi ma anche e soprattutto nei contesti sociali dove l’assoggettamento e l’omertà sono fattori fortemente radicati sul territorio.
Nel complesso, la criminalità organizzata italiana si conferma tra i maggiori protagonisti globali che, evidenziando una chiara vocazione economico-imprenditoriale, si è dotata di una struttura organizzativa flessibile, senza recidere l’indissolubile legame storico con il territorio d’origine.
Questa vocazione transnazionale, secondo la Dia, “è maggiormente evidente per la ‘ndrangheta, la quale, proprio in virtù delle relazioni privilegiate instaurate con i produttori di sostanze stupefacenti in America Latina, si è ritagliata un ruolo di ‘leadership’ mondiale nell’ambito del narcotraffico, divenendo una vera e propria ‘holding’ criminale di rilevantissimo spessore internazionale”.