I dati che emergono dal Rapporto mondiale Alzheimer 2024 redatto da Adi – Alzheimer’s Disease International, diffuso dal nostro Paese dalla Federazione Alzheimer Italia in occasione della XXXI Giornata mondiale Alzheimer (che ricorre il 21 settembre) sono allarmanti. La maggior parte della popolazione mondiale ritiene che la demenza sia una “normale conseguenza” dell’età avanzata. Il report è incentrato sulle convinzioni, i comportamenti e gli atteggiamenti nei confronti della demenza, sia dal punto di vista di chi ne soffre, sia da quello di chi assiste un malato.
L’80% della popolazione mondiale ritiene erroneamente che la demenza sia una normale conseguenza dell’invecchiamento piuttosto che una condizione medica, con un drastico aumento rispetto al 66% del 2019. La percentuale è del 65% tra gli operatori sanitari e assistenziali (+3% rispetto al 2019). L’88% delle persone con demenza dichiara di aver subito discriminazioni, in aumento rispetto all’83% del 2019. Il 31% evita le situazioni sociali mentre il 47% dei caregiver ha smesso di accettare gli inviti di parenti e amici. Sono i dati allarmanti che emergono dal Rapporto mondiale Alzheimer 2024 redatto da Adi – Alzheimer’s Disease International, diffuso dal nostro Paese dalla Federazione Alzheimer Italia in occasione della XXXI Giornata mondiale Alzheimer che ricorre il 21 settembre.
I dati del rapporto
Il report, intitolato “Cambiamenti globali negli atteggiamenti verso la demenza”, illustra i risultati della più vasta indagine mai condotta al mondo sulle convinzioni, i comportamenti e gli atteggiamenti nei confronti della demenza e i cambiamenti avvenuti rispetto alla prima ricerca di questo tipo, risalente al 2019. Dall’indagine emergono tuttavia anche dati positivi: il 93% del pubblico crede che sia possibile fare qualcosa per migliorare la vita delle persone con demenza. “In Italia sono 1.480.000 le persone con demenza”, afferma Katia Pinto, presidente della Federazione Alzheimer, ma il numero è destinato ad aumentare considerevolmente in tempi brevi. “Siamo quindi estremamente preoccupati di fronte a questi dati – prosegue Pinto -. Lo stigma porta con sé isolamento sociale, che è un comprovato fattore di rischio per la demenza e può contribuire a peggiorarne i sintomi e la salute mentale in generale, non solo della persona che ne è colpita, ma anche dei suoi familiari”. Per questo, “c’è ancora molto da fare per combattere lo stigma, ma la strada dell’inclusione è quella giusta. Le persone con demenza hanno diritto a una vita piena e dignitosa”.
Fonte: Ansa
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