Un epilogo che ha del clamoroso quello del Ferrari Challenge di Imola. Tutto avviene dopo la corsa della Coppa Shell, quando la bandiera a scacchi aveva già sventolato dinnanzi a Roman Ziemian, pilota polacco vincitore della corsa. Ad attenderlo, però, non c’erano solo i festeggiamenti di rito e le celebrazioni del paddock. Su di lui, infatti, gravava un mandato d’arresto internazionale emesso da un tribunale del distretto centrale di Seul, in Corea del Sud, e diramato dall’Interpol. Dossier corredato dalle gravi accuse di truffa aggravata, riciclaggio e persino associazione criminale ad alta tecnologia. E per truffa, il sospetto è che si parli di affari milionari, nell’ambito di una fedele applicazione del famigerato “schema Ponzi”, tramite l’aiuto di diversi complici. Una serie di raggiri che avrebbero interessato non meno di 950 investitori per un totale di 2 miliardi di won coreani, ossia 16,5 milioni di dollari.
Pilota in manette: le accuse
Al termine della sua quarta vittoria stagionale, il pilota è stato raggiunto dai militari della Guardia di Finanza, che hanno dato tutt’altra partitura alla musica della festa. Dal paddock, il trasferimento alla casa circondariale Rocco D’Amato, su disposizione del procuratore, è stato immediato. Nelle prossime ore, probabilmente, si considererà la possibilità dell’estradizione. Le accuse mosse contro il pilota sono particolarmente gravi, non solo per le cifre ipotizzate. Ziemian, avrebbe venduto agli investitori dei pacchetti pubblicitari via internet, identificandoli come forma di investimento. Invitando poi i compratori a estendere il numero degli abbonati sulla piattaforma Futurenet, promettendo guadagni immediati e progressivamente più elevati.
La truffa
Un piano che l’accusa ritiene del tutto truffaldino, visto che agli investitori non sarebbero tornati indietro né investimenti né tantomeno i capitali immessi. Piuttosto, a estendersi sarebbero state le disponibilità economiche del pilota e dei suoi soci. La piattaforma, peraltro, era già stata oscurata in Polonia nel 2017, con tanto di segnalazione da parte dell’autorità sulla pericolosità degli investimenti nel sistema. I fatti coreani, invece, risalirebbero al 2020. L’applicazione della truffa, in poco più di due anni, avrebbe permesso un giro d’affari (illeciti) miliardario in valuta locale.