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Il Myanmar vieta agli uomini di lavorare all’estero

Secondo stime dell'Organizzazione internazionale del lavoro, nel 2020 oltre 4 milioni di cittadini birmani lavoravano all'estero, ma questa cifra potrebbe essere più alta a causa del lavoro informale

La giunta del Myanmar (o Birmania) ha interrotto il rilascio dei permessi per uomini che vogliono lavorare all’estero dopo l’introduzione di una legge sulla coscrizione militare. Questa mossa è seguita da un aumento dei tentativi di fuga dal Paese, con migliaia di persone che cercano visti o attraversano il confine con la Thailandia. Il ministero del Lavoro ha annunciato la sospensione temporanea delle domande per valutare i processi di partenza.

Il Myanmar vieta agli uomini di lavorare all’estero

La giunta del Myanmar ha sospeso il rilascio dei permessi per gli uomini che vogliono lavorare all’estero, settimane dopo aver introdotto una legge sulla coscrizione militare che ha portato migliaia di persone a cercare di lasciare il Paese.

La giunta, che sta lottando per reprimere la diffusa opposizione armata al suo governo, a febbraio ha dichiarato che avrebbe applicato una legge che le avrebbe consentito di richiamare tutti gli uomini a prestare servizio militare per almeno due anni. Questo ha spinto migliaia di persone a mettersi in coda per i visti davanti alle ambasciate straniere a Yangon, altri hanno tentato di attraversare il confine con la vicina Thailandia per sfuggire alla legge.

I dati dell’Organizzazione internazionale del lavoro

Il ministero del Lavoro ha così deciso di “sospendere temporaneamente” l’accettazione delle domande di uomini che desiderano lavorare all’estero. La misura, fa sapere il ministero, è necessaria per “verificare i processi di partenza e per altre questioni”.

Secondo una stima dell’Organizzazione internazionale del lavoro che cita dati dell’allora governo, nel 2020 più di 4 milioni di cittadini birmani lavoravano all’estero. La cifra, però, potrebbe essere di gran lunga maggiore visto che – fanno notare gli analisti – in molti lavorano all’estero in nero.

Fonte: Ansa

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