Nel mondo circa 50 milioni di persone vivono in condizioni di “schiavitù moderna”, al primo posto in Corea del Nord, seguita da Eritrea e Mauritania, in tutto 10 milioni in più rispetto al 2016. A denunciarlo è l’associazione Walk Free, con sede a Perth (Australia), nel suo Global Slavery Index 2023 che evidenzia un peggioramento della schiavitù moderna a livello globale dall’ultima indagine di cinque anni prima.
I dati del rapporto Global Slavery Index 2023
Walk Free spiega in particolare questo peggioramento del fenomeno dovuto ai “conflitti armati in aumento e più complessi” e all’impatto della pandemia di Covid-19. Il dato, precisa lo studio, comprende 28 milioni di persone nella morsa del lavoro forzato e 22 milioni di vittime di matrimoni forzati.
Tra le situazioni considerate di schiavitù moderna, l’organizzazione include la “schiavitù per debiti”, lo “sfruttamento sessuale” e la “vendita e lo sfruttamento di bambini”. Il principio fondamentale della schiavitù implica “la rimozione sistematica della libertà di una persona”, dal diritto di accettare o rifiutare il lavoro alla libertà di determinare se, quando e chi sposarsi. Secondo il rapporto, la Corea del Nord registra il tasso più alto, con 104,6 persone in schiavitù moderna ogni mille persone. Seguono l’Eritrea (90,3) e la Mauritania (32), che nel 1981 divenne l’ultimo Paese a rendere illegale la schiavitù ereditaria. Molti dei Paesi più colpiti si trovano in regioni “instabili” che vivono conflitti o forti instabilità politica, con grandi popolazioni “vulnerabili” come rifugiati o lavoratori migranti. Tra i dieci Paesi più colpiti ci sono anche l’Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, la Turchia, “che ospita milioni di profughi siriani”, il Tagikistan, la Russia e l’Afghanistan.
Fonte: AGI