Solo sei Regioni italiane, tra cui la Puglia per il Sud, si distinguono per trasparenza e completezza delle informazioni sui tempi di attesa per le prestazioni sanitarie ambulatoriali, secondo un’analisi della Fondazione Gimbe. Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Puglia, Umbria e Veneto guidano la classifica. Sette regioni sono escluse dal monitoraggio per mancanza di un portale unico o aggiornamenti recenti. I lunghi tempi di attesa, afferma Nino Cartabellotta, evidenziano la crisi del Servizio sanitario nazionale, causando disagi ai pazienti e un aumento della spesa privata.
Sono soltanto 6 le Regioni che svettano per la trasparenza e completezza delle informazioni sui tempi di attesa per le prestazioni sanitarie ambulatoriali e il Sud si rivela in difficoltà: la Puglia è l’unica Regione “promossa” nel Mezzogiorno. È il risultato di un’analisi della Fondazione Gimbe, presentata a Bari in occasione del Forum Mediterraneo Sanità, sulla completezza e trasparenza delle informazioni presenti nei siti web di Regioni e Province autonome e sulla semplicità e accessibilità delle modalità di prenotazioni nei siti Cup regionali. Si tratta di una prima istantanea, in attesa del monitoraggio ufficiale del ministero della Salute, relativa al monitoraggio ex-ante dei tempi di attesa, che rileva in un determinato periodo la differenza in giorni tra data di prenotazione e data assegnata per l’erogazione della prestazione”.
Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Puglia, Umbria e Veneto sono le sei regioni in testa alla classifica della trasparenza, riportando sia i dati aggregati a livello regionale che i valori delle singole aziende sanitarie. Sette le regioni escluse dal monitoraggio: Basilicata, Campania e Lombardia perché non dispongono di un portale unico con i dati del monitoraggio ex-ante, ma rimandano ai siti delle singole Aziende sanitarie; Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Provincia autonoma di Trento e Sicilia in quanto, pur avendo un portale regionale unico, per il monitoraggio ex-ante riportano solo il dato storico (antecedente al 31 dicembre 2023). “I tempi di attesa – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione – sono oggi il sintomo più grave ed evidente della crisi organizzativa e professionale del Servizio sanitario nazionale (Ssn). Questo crea pesanti disagi per i pazienti, peggiora gli esiti di salute e fa lievitare la spesa privata, che impoverisce le famiglie e può portare anche a rinunciare alle cure. Ma, paradossalmente, a fronte della rilevanza del problema, non esiste una rendicontazione pubblica completa e trasparente sui tempi di attesa”.
Fonte: Ansa
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