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Eurostat, l’età media dei medici europei è in progressivo aumento

L’Italia è il Paese con la percentuale più alta di professionisti over 65 in servizio nel comparto sanitario

L’Eurostat ha rilevato che, l’età media dei medici, si sta alzando rapidamente in tutta Europa ma, in Italia, è stata registrata la quota più alta di medici anziani in servizio.

Le rilevazioni

Nell’Ue è l’Italia il Paese con la quota più alta di medici di 65 anni o più, pari al 26,7%. Seguono Ungheria (22,4%) ed Estonia (22,3%). La Germania ha invece la quota più alta di medici di età compresa tra 55 e 64 anni, pari al 36,1%, seguita da Bulgaria (33,9%) e Lettonia (27,4%). Al contrario, Malta ha la percentuale più alta di medici giovani, pari al 46,1%, seguita da Romania (34,6%) e Paesi Bassi (29,7%). È quanto emerge da una analisi di Eurostat sul personale medico europeo nel 2022.  A livello europeo la quota di medici in età di età pari o superiore ai 55 anni è pari al 40%, segnala poi Eurostat. L’agenzia statistica Ue stima poi che nel 2022 ci fossero 1,83 milioni di medici in attività e, tra questi, oltre 481.000 erano medici generalisti. A livello europeo i Paesi Bassi sono il Paese con il più alto rapporto di medici di base, con 183,4 ogni 100.000 persone, seguiti da Irlanda (174,1), Austria (146,1) e Cipro (137,7). Resta alto anche il livello del Portogallo (304,3) ma il dato si riferisce ai medici autorizzati a esercitare e non ai soli medici di base. Al contrario, il rapporto più basso è stato registrato in Grecia (45,8 ogni 100.000 abitanti, Bulgaria (59,8) e Svezia (62,2, dati del 2021) e Slovenia (68,8), seguita da vicino dall’Ungheria (68,9). Il rapporto in Italia è di 80,07 medici di base ogni 100mila abitanti.

Le dichiarazioni

Il record italiano di medici anziani in Europa “è un dato che conosciamo e avevamo elaborato da tempo, conseguenza della politica del blocco assunzionale e formativo durato 10 anni che ha distrutto un’intera generazione di medici”. Questo il giudizio di Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao Assomed, rispetto all’analisi Eurostat che vede l’Italia come il Paese europeo con la quota più alta di medici anziani in servizio: il 26,7% nel 2022 aveva età pari o superiore a 65 anni, e insieme alla Bulgaria deteneva il primato per la presenza di over 55. “Oggi paghiamo da un lato il prezzo di quanto sottratto negli anni dal 2005 al 2015, dall’altro la scarsa appetibilità attuale del mondo del lavoro, che allontana anche i più giovani dalla professione (basti pensare allo scarso appeal di alcune scuole di specializzazione)”, spiega Di Silverio all’Ansa. “Il rischio serio è non avere a disposizione a breve una classe dirigente pronta a sopperire alla gobba pensionistica che vedrà il suo apice nel 2026. Servono specialisti, servono oggi e serve rendere appetibile e sicura la professione“.  “Il dato secondo cui abbiamo i medici più anziani d’Europa è frutto di un errore di programmazione rispetto alle esigenze del Servizio sanitario nazionale. Già diversi anni fa avvertimmo, con la campagna ‘Centenari’, che nel giro di dieci anni saremmo rimasti senza medici per mancanza di ricambio generazionale. Non abbiamo imparato dagli errori del passato”. Così all’Ansa il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Filippo Anelli, rispetto all’analisi Eurostat che vede l’Italia come il paese europeo con la quota più alta di medici anziani in servizio: il 26,7% nel 2022 aveva età pari o superiore a 65 anni, e insieme alla Bulgaria deteneva il record per la presenza di over 55. “Si tratta anche della conseguenza dell’istituzione stessa del Ssn nel 1978, per via della quale vi fu un ingresso di professionisti sanitari che, se allora erano tutti giovani, oggi vanno in pensione”, continua Anelli. “La Federazione e altre organizzazioni avevano chiesto già anni fa maggiore attenzione sul fenomeno, proprio per adeguare la programmazione dell’accesso al settore rispetto a quanto si preannunciava”. Per il presidente Fnomceo occorre “una corretta programmazione sulla base delle reali esigenze del Ssn, sia nel pubblico sia nel privato, in modo da tutelare le professionalità e non illudere le migliaia di giovani invogliati a fare questo lavoro, che troveranno altrimenti una situazione drammatica di ‘imbuto professionale ‘ e andranno all’estero”. Una programmazione che, sottolinea Anelli, ha come elementi fondamentali “il numero di posti letto, il tipo di specializzazione” ma anche “il numero di specialisti per posto letto, che variano a seconda della disciplina”. A questo proposito ricorda come sul territorio si sia “registrato un aumento del rapporto ottimale, che fino a poco tempo fa era di un medico generale ogni 1000 abitanti mentre oggi è fissato a 1/1200“. In realtà, evidenzia, “ne abbiamo uno ogni 1350, ed è il frutto di un’emergenza, di un errore di programmazione: sono stati portati meno medici medicina generale di quanti necessari, e oggi questa branca della medicina è sottoposta a un notevole stress a causa del numero elevato di pazienti, con tutti i problemi che ne conseguono“.

Fonte: Ansa

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