“La pubblicazione della Bibbia Scrutate le Scritture in lingua araba è stata per me una piacevole sorpresa”, così il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, durante la presentazione della nuova Bibbia “Scrutate le scritture” in lingua araba edita dalla Società Biblica Internazionale Cattolica (SOBICAIN). L’evento ha avuto luogo nella Basilica di Santa Maria Regina degli Apostoli (Roma) ed è stato preceduto da una solenne celebrazione eucaristica in occasione della memoria liturgica del beato Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia Paolina, nel centenario dell’apostolato biblico.
I partecipanti all’evento
Assieme al cardinale Pizzaballa sono intervenuti mons. Michel Jalakh, Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, mons. Hani Bakhoum vescovo vicario del patriarcato di Alessandria d’Egitto, mons. Michel Aoun vescovo maronita di Biblos e don Franco Soliman, Superiore Generale dei Paolini che ha ufficialmente donato una copia della nuova Bibbia ai vescovi e alla rappresentanza di cristiani di lingua araba presenti all’evento.
L’intervento del cardinale Pierbattista Pizzaballa
“Prima di tutto una premessa: quasi ogni giorno abbiamo persone che vengono a presentare progetti e idee e in genere si sa che molto spesso restano – ahimè – sulla carta, anche se sono molto belli, perché è molto difficile realizzare tutto… Quando mi sono venuti a trovare per propormi il progetto di una nuova Bibbia in arabo ho detto certamente di sì, è una cosa molto bella… Ma diciamo che ero un po’ come Tommaso, perché ogni progetto di commento della Bibbia è sempre un progetto molto grosso che richiede tempo, anni di lavoro, energie… In arabo è ancora più difficile. Mettere nel contesto l’Antico e il Nuovo testamento non è mai semplice. Quando poi sono venuti a chiedermi di scrivere l’introduzione sono rimasto sorpreso. Ed è stata una piacevole sorpresa, vedere come si sia riusciti a realizzare quest’opera non semplice. In lingua araba abbiamo buone tradizioni dei testi biblici ma poche con commenti che aiutano a comprendere, ad andare a fondo. Soprattutto per l’Antico Testamento, che è un po’ più complicato.
E’ stato dunque molto importante e sono certo che sia un contributo prezioso per il Medio Oriente, per il mondo arabo. Ci sono in Medio Oriente centri di studio in arabo frequentati da tanti studenti musulmani, per cui avere anche per loro uno strumento che gli aiuti a comprendere il significato di quello che è scritto è molto importante. Senza traduzioni e senza filtri, nella loro lingua. Per cui è uno strumento molto importante e sono grato a chi ha realizzato quest’opera.
Abbiamo commenti, traduzioni, in tutte le lingue del mondo… Nel mondo arabo nella terra dove è stata scritta la Bibbia e da dove è partita l’evangelizza abbiamo poco e in questo senso era necessario. Ed è un segno anche di vitalità della Chiesa. Quando si parla della Chiesa in Medio Oriente – ed è un po’ colpa nostra – parliamo sempre delle difficoltà, delle sofferenze ed è vero, è cronaca di tutti i giorni, ma essere capaci di produrre un’opera così importante è segno anche della vitalità della Chiesa. È segno anche della speranza della Chiesa che investe, che investe innanzitutto sulla cosa centrale e poi importante che abbiamo che è la Parola di Dio. Un segno di speranza molto bello, perché se tu investi sulla Parola di Dio, uno strumento così importante per le chiese del Medio Oriente è un segno di fiducia per il futuro, segno di cosa si vuole fondare il nostro futuro: sulla Parola di Dio.
L’altro aspetto importante è che il Medio Oriente è una regione tormentata da divisioni di ogni tipo, da guerre… Sembrerebbe che ci sarà un cessate il fuoco, ma non significa che ci sarà la pace, la pace è ben altra cosa… Dio solo sa come evolveranno le situazioni. Di certo le prospettive di pace – intesa come relazioni serene e pacifiche tra i popoli – non le vedremo presto, ma bisognerà prepararle. Perché arriverà il momento in cui, dopo tutta questa distruzione, bisognerà ricostruire, non soltanto le strutture fisiche ma anche le relazioni distrutte da questa guerra. Avremo dunque bisogno di strumenti, di un linguaggio, di parole che aiutino a ricucire, a restaurare, a riconciliare, ciò che questa guerra ha diviso e lacerato. Innanzitutto dentro il cuore delle persone, e poi tra le persone, nelle famiglie e così via. Per cui la Parola di Dio è per noi – ma non solo per noi – il punto di partenza ma anche il punto di arrivo alla fine. È il luogo dove ci possiamo ritrovare, innanzitutto come comunità cristiana; perché parliamo sempre di guerre tra popoli, ma anche dentro la stessa comunità cristiana sono tante le ferite, le paure, la difficoltà a pensare il futuro, la difficoltà a dare concretezza alla parola speranza. Sono realtà concrete per comunità che vivono dentro situazioni molto difficili dove la violenza, l’odio, il rancore, il disprezzo, la de-umanizzazione dell’altro sono all’ordine del giorno. Abbiamo dunque bisogno, innanzitutto come cristiani, di trovare uno strumento col quale ricostruire le nostre comunità, così profondamente ferite, e poi essere anche capaci, ed è la missione principale che io vedo almeno per noi in Terra Santa, ma penso ovunque, di dire agli altri, ai nostri fratelli musulmani ed ebrei, parole di riconciliazione, parole di vita, parole di pace, parole che ricostruiscono. In questo anno terribile di guerra, ebrei e musulmani non si parlano più, per ovvie ragioni. Però ci hanno detto “se ci siete voi cristiani, possiamo incontrarci, da soli no”. È dunque lì che noi cristiani siamo chiamati a dire una parola di riconciliazione, di speranza, di futuro, di prospettiva. Tutto questo non si può fare parlando di noi stessi, si fa parlando di Lui, a partire da Lui, da quella Parola che per noi si è fatta viva e vita, ed è fondamento della nostra speranza. Sono certo dunque che questa opera aiuterà ad aprire il cuore e la mente di tante persone, cristiani innanzitutto ma non solo che, entrando in maniera sempre più approfondita nella conoscenza della Parola di Dio potranno conoscere sempre più se stessi e potranno anche dire dare una parola solida, di protettiva e di speranza per i fratelli e le sorelle che incontreranno”.
Mons. Hani Bakhoum (Egitto): “Il mondo arabo ha sete della parola di Dio”
Ha parlato a braccio anche mons. Hani Bakhoum Kiroulos, vicario del Patriarcato di Alessandria dei Copti, che ha voluto ringraziare pubblicamente la Società San Paolo ma anche i due direttori dell’opera di traduzione dell’apparato critico in arabo: abuna Jean Azzam e don Francesco Voltaggio, biblisti appartenenti al Cammino Neocatecumenale.
“Carissimi padri, grazie! Quello che state facendo ora si capirà più avanti. Veramente grazie perché avete seminato qualcosa che porterà tanto frutto. Io sono vescovo da cinque anni e ho girato molto per le parrocchie della nostra diocesi del Cairo e ad Alessandria e ho notato una cosa in questi anni, una cosa molto profonda: che non è vero che la gente è sazia della Chiesa o della Parola di Dio. Non è vero che i giovani non ascoltano la Parola di Dio. Non è vero quello che tante volte diciamo un po’ per tranquillizzarci, che ormai il mondo sta andando male e dunque non c’è più nulla da fare. Non è vero. Perché io noto che se una parola viene proclamata con fede attira la gente. La gente ha sete della Parola di Dio. Anche se non lo sa. Forse loro sanno che hanno sete di potere, di soldi, di riposo, della cultura del confort… ma in fondo, come dice sant’Agostino, le persone sempre cercano il bene, le cose belle, anche dietro tante altre cose. Ecco perché è importante parlare oggi della Parola di Dio.
Mi vengono in mente due o tre aspetti della Parola di Dio che noto in rapporto alla nostra società, in Egitto. Sapete che la prima cosa che la Parola di Dio è Cristo. Per questo Cristo era al principio e Cristo sarà anche alla fine. In fondo quando leggiamo la parola di Dio ci chiediamo che cosa Cristo ha a che fare con noi. La Parola di Dio crea, con la Parola Dio ha creato il mondo. Oggi si possono creare tante cose nuove e buone, anche in questa situazione del Medio Oriente, anche nelle nostre difficoltà in cui ci troviamo in Egitto. Il Signore può ancora creare. Come? Non tanto con tante iniziative o azioni sociali, che sono tutte cose belle e importantissime, ma il Signore crea con l’annuncio della Parola. E la Parola di Dio non solo crea, ma libera. Il Signore ha chiamato il suo popolo dall’Egitto con la Parola, ha liberato il suo popolo. E può liberare anche noi, da tante nuove schiavitù. Noi pensiamo di essere liberi, l’uomo del XXI secolo pensa di essere ormai del tutto libero, di pensare, di dire quello che vuole, di scrivere quello che pensa suoi social… Ma non è vero: soffriamo tutti una vera e profonda schiavitù dalla quale solo la Parola di Dio ci può liberare. La parola di Dio, infine, invia. Cristo manda i suoi discepoli con la sua Parola. Ecco, anche a noi oggi il Signore ci invia con questa Parola. E ne abbiamo tanto bisogno. Il mondo arabo ha sete della Parola di Dio. Grazie”.