Ore di paura e tensione nel carcere di Avellino, dove due agenti della polizia penitenziaria sono stati presi in ostaggio da due detenuti. Contemporaneamente tra i reclusi nel reparto di isolamento è scoppiata una rissa, mentre un detenuto con problemi psicologici è salito sul tetto minacciando di lanciarsi nel vuoto. La denuncia arriva da Donato Capece, segretario generale del Sappe, il Sindacato autonomo degli agenti penitenziari, per il quale “la casa circondariale di Avellino è diventata una polveriera pronta a esplodere”.
Barricati nel reparto di isolamento
Secondo la ricostruzione di Maria Anna Argenio, vice segretaria regionale del Sappe in servizio nel carcere di Secondigliano (Napoli), intorno alle 10 di venerdì mattina due detenuti di origine pugliese e campana che stanno scontando una condanna passata in giudicato per spaccio di droga hanno preso in ostaggio due agenti minacciandoli con coltelli rudimentali ricavati da lamette da barba e si sono barricati all’interno del reparto di isolamento.
E’ seguita una trattativa, al termine della quale – spiega TgCom24 – altri agenti in servizio sono riusciti a entrare nel reparto del carcere e a liberare i loro colleghi. Nessuno è rimasto ferito.
La rissa e la minaccia di suicidio
Pochi minuti dopo, nello stesso reparto è anche scoppiata una rissa tra detenuti, faticosamente sedata dal personale in servizio.
Infine, come se tutto ciò non bastasse, in un’altra ala della struttura, quella in cui si trova l’infermeria, un detenuto con problemi psicologici è riuscito a salire sul tetto minacciando atti autolesionistici. Un altro detenuto, insieme agli agenti, lo ha convinto a desistere dall’intento suicidario. Un giorno di ordinaria follia nel carcere di Avellino.
Servirebbero 50 agenti in più
Sono 520 le persone rinchiuse nel carcere di Avellino, dove prestano servizio 160 agenti di polizia penitenziaria con un organico sottostimato di almeno 50 unità. Da tempo i sindacati denunciano le difficoltà a garantire la sorveglianza e l’ordine interno a causa della carenza di organico: spesso un solo agente è chiamato a garantire la sorveglianza di più sezioni che si trovano tra l’altro su piani diversi della struttura.
Tre suicidi in carcere in tre giorni
Tre suicidi in carcere in tre giorni: il 13 ottobre a Firenze un giovane marocchino di 29 anni, mercoledì 12 ad Oristano un detenuto di 45 anni e martedì 11 a Cagliari un giovane di 34 anni si sono tolti la vita. Numeri che fanno salire a 70 il numero di suicidi dall’inizio dell’anno, un numero mai registrato prima (nell’anno più negativo, il 2018, ci sono stati 67 suicidi nell’intero anno).
Ad affermarlo è il segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria (SPP) Aldo Di Giacomo, sostenendo che non è più tempo di indignazione e protesta ma di misure ed azioni urgenti prima fra tutte per attuare la più efficace prevenzione dei suicidi con servizi e personale di assistenza psicologica.
“Per tutta l’estate con il nostro tour attraverso una sessantina di carceri ed iniziative di mobilitazione – aggiunge – abbiamo messo al centro la denuncia di una situazione nelle carceri insostenibile e non più tollerabile”.
“Dopo cinque suicidi a metà ottobre non ci sono altri termini da usare: è una vera e propria mattanza che lo Stato, a cui sono in custodia i detenuti, non può ulteriormente sottovalutare”.
“Non c’è più tempo da perdere. La campagna elettorale è finita: si passi ai fatti. Ci sono azioni, misure, provvedimenti che si possono e si devono attuare nei primi 100 giorni di attività del nuovo Parlamento e del nuovo Governo”.
“La promessa della Ministra Cartabia di introdurre nelle carceri 2mila psicologi per chi la sostituirà deve diventare un impegno da tradurre in fatti concreti attraverso l’istituzione di almeno uno sportello di assistenza psicologica in ogni istituto penitenziario”.
“Ma – avverte Di Giacomo – dietro l’angolo, nel processo di cambiamento della politica penitenziaria del Governo che verrà, c’è un rischio da scongiurare: se il cambiamento non sarà sostenuto da scelte mirate, accompagnate dalla condivisione dei sindacati del personale penitenziario, nello specifico quelli che conoscono le problematiche incancrenite e lasciate in eredità dal Governo ancora in carica, gli effetti potrebbero trasformarsi in un boomerang contro chi pure ha propositi di rimettere ordine delle carceri”.
“Occorre dunque grande equilibrio per rispondere alla ventata di buonismo che si è diffusa negli ultimi anni con il risultato, sotto gli occhi di tutti, del carcere diventato luogo di impunità – dove è consentito ai criminali più violenti fare di tutto e di più e soprattutto svolgere la “caccia all’agente” – procedendo con misure e provvedimenti di riequilibrio del sistema penitenziario. Il pericolo che ravvisiamo, mettendo in guardia la coalizione politica che ha vinto le elezioni e si appresta a governare – aggiunge Di Giacomo – è che in caso di cambiamenti troppo veloci ad approfittarne siano i clan e le organizzazioni criminali e i loro fiancheggiatori di diverso orientamento”.
“Per questa ragione pensiamo che il confronto debba intensificarsi per ragionare insieme su quale percorso individuare perché il nuovo Governo affronti l’emergenza carceraria con misure adeguate a cominciare dagli sportelli di assistenza psicologica per prevenire i suicidi”.