Il Covid ha avuto un peso negativo anche sulle adozioni internazionali: lo scorso anno sono stati adottati in Italia 680 bambini stranieri, il dato più basso in assoluto. Nel 2020 erano stati solo 669. Numeri dimezzati rispetto al 2019 quando si erano contate 1205 adozioni.
Cifre che confermano una tendenza ormai in corso da anni, il calo strutturale, che la pandemia ha oltremodo accentuato. Dieci anni fa, nel 2012, erano state registrate ben 3.106 adozioni.
Sono i dati che emergono dall’ultimo rapporto della Commissione per le adozioni internazionali, relativo al 2021, intitolato “Dati e prospettive nelle adozioni internazionali”.
Il rapporto sulle adozioni internazionali
Il rapporto della Commissione per le adozioni internazionali, pubblicato oggi, afferma che nonostante il leggerissimo aumento (+7%) dell’ultimo anno, “i numeri restano lontani da quelli registrati nell’ultimo anno pre-pandemia”.
“La riflessione sulle risultanze empiriche, anche quest’anno, risente di una moltitudine di fattori ‘esogeni’, prima tra tutti la pandemia da Covid-19. I numeri delle adozioni internazionali, relativi agli anni 2020 e 2021, risentono ancora delle difficoltà globali, date dalle limitazioni alla libertà di movimento delle persone e in taluni casi, dalle politiche di lockdown, messe in atto dai molti Paesi per contrastare la diffusione del virus. Nonostante ciò, l’anno in disamina è caratterizzato da un incremento, anche se lieve, del numero di minori autorizzati all’ingresso e alla residenza permanente nel nostro Paese, pari al 7% rispetto all’anno precedente, numeri che restano comunque lontani da quelli registrati nell’ultimo anno pre-pandemia. Si conferma, anche nel 2021, l’incidenza percentuale, quasi all’80%, di minori adottati provenienti da Paesi di origine che hanno ratificato la Convenzione de L’Aja”.
Dal rapporto emerge, inoltre, che lo scorso anno sono state 563 le coppie che hanno adottato bambini stranieri; erano state 526 nel 2020, 969 nel 2019, 2.469 nel 2012. In aumento il periodo necessario per completare il percorso adottivo: 52 mesi nel 2021 a fronte dei 47 mesi del 2020. Lombardia (78), Puglia (71), Campania e Lazio (69 per entrambe) sono le regioni con maggior numero di adozioni.
Conferme per il 2021 rispetto agli anni passati riguardano l’età media delle coppie alla data del decreto di idoneità e alla data dell’autorizzazione all’ingresso. Nel primo caso, l’età media è di poco superiore rispetto al 2020 con 44,6 anni per gli uomini (44,2 anni nella rilevazione precedente) e 42,7 anni per le donne (42,5 anni nella rilevazione precedente). Sempre al momento del rilascio del decreto di idoneità la classe di età a maggiore frequenza è quella tra i 40 e i 44 anni per le donne (39,6%), mentre per gli uomini si registra la stessa incidenza – pari al 34,1% – per le classi tra i 40 e i 44 anni e tra i 45 e i 49 anni.
Quest’ultima è anche la seconda classe più diffusa per le donne con un’incidenza del 30,9%, mentre gli over 50 sono il 15,3% tra gli uomini e il 5,7% tra le donne. Solamente un marginale 2,7% dei mariti e 4,3% di mogli ha un’età inferiore ai 35 anni. Alla tappa successiva, e cioè all’autorizzazione all’ingresso del minorenne straniero a scopo adottivo, la distribuzione per età dei coniugi slitta verso un’età più matura e raggiunge un’età media di 48,1 anni per gli uomini e 46,2 anni per le donne. Per i primi, la classe di età a maggiore frequenza è la over 50 (40,3%) mentre per le mogli è la 45-49 anni (44,6%). Quest’ultima risulta essere la seconda classe d’età più presente per i mariti (35,7%), mentre per le donne è la 40-44 anni (24,3%). Non si registrano invece né uomini né donne che portano a termine il percorso adottivo prima dei 30 anni.
Figli naturali e numero di figli richiesti in adozione sono tra le caratteristiche esaminate dalla Commissione che hanno mostrato nel tempo una sostanziale stabilità dei valori annui. Il 2021 conferma questa tendenza con l’83,8% delle coppie adottive che non ha figli naturali e con una propensione (81,9%) a chiedere l’adozione di un solo minore, a fronte del 15,8% che ne ha chiesti due e un residuo 2,3% tre o più.
Il 59% dei bambini adottati sono maschi. L’età media è 6,7 anni (6,8 nel 2020). Se i dati 2020 evidenziavano che, mediamente, il percorso adottivo delle coppie – dalla domanda di adozione all’autorizzazione all’ingresso in Italia dei minorenni – durava circa 47 mesi, quasi 4 anni, tra le coppie che nel 2021 hanno portato a termine l’adozione internazionale si registra un aumento non trascurabile di questa tempistica, che supera la soglia dei 4 anni attestandosi mediamente a circa 52 mesi.
I minorenni autorizzati all’ingresso in Italia a scopo adottivo
Tutto ciò che è stato detto sulle coppie adottive rispetto all’andamento del fenomeno si
riflette naturalmente sui bambini e i ragazzi adottati. Nel 2021, a fronte delle 563 coppie adottive citate nel paragrafo precedente, si contano 680 minorenni stranieri per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione all’ingresso in Italia a scopo adottivo – in media 1,2 adottati per coppia. Così come per le coppie, anche per i minori si osserva una leggera ripresa rispetto alla marcata flessione del 2020, quando gli adottati sono stati 669. Anche per i minorenni adottati nel 2021 nessuna regione conta più di cento adozioni, con i valori più alti che si registrano in Lombardia (78), in Puglia (71) e in Campania e Lazio (69 per entrambe).
Il range dell’età media dei principali Paesi di provenienza oscilla in un ampio spettro che va dagli 1,4 anni dei bambini provenienti dalla Corea del Sud – insieme all’Albania (1,7 anni), unici Paesi con età media sotto i 3 anni – ai 12 anni di quelli bielorussi, che supera i 10 anni insieme a Moldavia (11,7 anni), Repubblica Ceca e Serbia (entrambi 11 anni). La tabella che segue, prendendo in considerazione solo i primi venti Paesi di provenienza dei minorenni, vede la presenza della Corea del Sud con la più bassa fra le età medie segnalate (1,4 anni) ma non vede invece presenti – data la minore numerosità di presenze – gli altri Paesi appena citati che si collocano agli estremi più bassi (come l’Albania con una media di 1,7 anni), così come agli estremi più alti delle età medie degli adottati (come la Bielorussia, la Moldavia, la Repubblica Ceca e la Serbia con medie che oscillano dagli 11 ai 12 anni).
Al pari dell’età, anche il genere è un altro elemento discriminante tra i diversi Paesi, variando in maniera anche molto significativa. Ad esempio, tra i Paesi con maggior numero di adozioni, si segnalano Cile, Perù, Brasile e Ungheria che registrano quote di femmine pari, rispettivamente, al 67,7%, al 61,1%, al 57,1% e al 51,9%.
Altro esempio molto significativo riguarda gli adottati dalla Federazione Russa che presentano negli anni incidenze caratterizzate da alte percentuali di maschi, che raggiungono il 75% nel 2021, in calo rispetto all’85,7% dell’anno precedente. La forte prevalenza maschile sembra essere una caratteristica dei Paesi dell’Est Europa, visto che tra gli adottati nel 2021 il 73,9% degli ingressi dall’Ucraina e il 62,5% dalla Romania sono maschi.
Così come nei 2 anni precedenti, nel 2021 la Colombia si conferma il primo tra i Paesi di provenienza con 129 adottati pari al 19% delle adozioni. Seguono India (96 adottati e 14,1% del totale), Ungheria (81 adottati e 11,9% del totale), Bulgaria (47 adottati e 6,9% del totale), Ucraina (46 adottati e 6,8% del totale) e Federazione Russa (40 adottati e 5,9% del totale).
I motivi dell’abbandono risultano molto eterogenei soprattutto se considerati in relazione al Paese di provenienza degli adottati. Ciò è piuttosto evidente se si prendono, ad esempio, in considerazione i casi generici di abbandono sempre particolarmente alti in Africa e in Asia. Nel 2021 nel continente africano l’incidenza degli abbandoni generici è del 91,9% a fronte del 94,4% registrato nel 2020. Nel continente asiatico invece la stessa percentuale segna l’86,3% contro il 75,7% dell’anno precedente. Nel 2021 la motivazione generica di “abbandono” è in crescita nel continente americano anche se con incidenze più basse di quelle in Africa e Asia: da quota 61,1% osservata nel 2020 si passa al 64,5% della rilevazione 2021. In leggera decrescita il dato relativo all’Europa: il 37,6% del 2021 va confrontato con il 41,2 registrato un anno prima.