Oggi, in un unico giubilo di festa la Chiesa ancora pellegrina sulla terra venera la memoria di coloro della cui compagnia esulta il cielo, per essere incitata dal loro esempio, allietata dalla loro protezione e coronata dalla loro vittoria davanti alla maestà divina nei secoli eterni”. Così il martirologio romano descrive la solennità di Tutti i Santi, fratelli maggiori che la Chiesa propone ai fedeli quali esempi di vita da seguire. Come ha ricordato Papa Francesco, “la santità è il volto più bello della Chiesa: è riscoprirsi in comunione con Dio. Non è una prerogativa soltanto di alcuni: la santità è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano”. Nelle sue catechesi, il Pontefice sottolinea più volte come i santi non sono un elemento del passato. Anche oggi tanti uomini e donne vivono la loro esistenza rivolti con lo sguardo verso l'alto, lasciando un'impronta indelebile della loro testimonianza di fede. Tra loro non mancano i giovani, ragazzi e ragazze pronti a offrire loro stessi per trasformare la scuola, la famiglia, la propria comitiva di amici, in un piccolo angolo di paradiso.
Una nuova via per la santità
Da secoli, le norme della Chiesa stabiliscono che si può procedere ad elevare agli onori degli altari un Servo di Dio seguendo tre vie: il martirio, le virtù eroiche e la “beatificazione equipollente”, meno conosciuta. Queste tre vie sono ancora oggi in vigore e percorribili, tuttavia la Congregazione delle Cause dei Santi si è accorta che queste non siano sempre sufficienti per interpretare tutti i casi possibili di “santità canonizzabile”. Quindi si è interrogata sulla possibilità di beatificare quei Servi di Dio che, seguendo l'esempio di Cristo, hanno offerto, liberamente, la propria vita “in un supremo atto di carità“. Pochi mesi fa, Papa Bergoglio, con il Motu proprio “Maiorem hac dilectionem” apre una quarta via, definita “offerta della vita”, che, anche se ha elementi in comune con quella del martirio e delle virtù eroiche, rappresenta una nuova fattispecie che intende valorizzare, con un iter specifico, un'eroica testimonianza cristiana, come quella di Carlo Acutis e Laura Vicuna.
Il (futuro) patrono di Internet
Se un giorno la Chiesa dovesse decidere di proclamare patrono del web un santo, probabilmente la scelta ricadrebbe su Carlo Acutis un ragazzo di 15 anni, patito di internet come tutti i suoi coetanei. Con un'unica grande differenza: la rete, per il giovane, deve diventare un “veicolo di evangelizzazione e di catechesi”. Carlo nasce il 3 maggio 1991 a Londra, dove i suoi genitori si trovano per lavoro. Cresce a Milano dove matura una particolare inclinazione per le pratiche religiose: a 12 anni partecipa quotidianamente alla Santa Messa. Da adolescente inizia la pratica della preghiera del rosario e l'adorazione eucaristica, la sua “autostrada per il cielo”. Ogni giorno il giovane si ritaglia dei momenti per meditare davanti al tabernacolo: “Quando ci si mette di fronte al sole ci si abbronza… ma quando ci si mette dinnanzi a Gesù Eucaristia si diventa santi”. Ed è proprio la santità l'obiettivo che vuole raggiungere, ed è quella che lo sprona ad essere “diverso”, tra i banchi di scuola o mentre gioca a pallone con gli amici, ai quali regala il suo “kit per diventare santi”. Cosa contiene? Un desiderio grande di santità: messa, comunione e rosario ogni giorno, una razione giornaliera di Bibbia, un piccolo momento di adorazione eucaristica ogni giorno, la confessione settimanale, la disponibilità a rinunciare a qualcosa per gli altri.
A scuola è un piccolo genio, molto portato per l'informatica e per la matematica. A quattordici anni crea il suo sito internet, nel quale c'è una sezione intitolata “Scopri quanti amici ho in cielo”. Qui compaiono i santi giovani, quelli che hanno raggiunto la santità in fretta perché volati in cielo troppo presto. “Morirò giovane”, ripete, ma intanto riempie la sua giornata con tante attività: aiuta i ragazzi del catechismo e i poveri alla mensa Caritas, spesso si intrattiene con i bambini dell’oratorio. Ma non gli manca il tempo per suonare il sassofono, o giocare a calcetto o ai videogames. Dagli amici è stimato ed amato; non cerca lo sballo. Anche chi lo deride, dopo un po' finisce per subirne il fascino e per lasciarsi attrarre da lui. La sua vita trascorre come quella di tutti gli altri, fino a quando la malattia non lo colpisce: leucemia acuta fulminante. Lui l'accoglie con un sorriso, e offre la sua vita per il Papa e per la Chiesa. Cerca la guarigione perché ama la vita, ma non teme la morte. “Tutti nasciamo come degli originali, ma molti muoiono come fotocopie”, scrive. A cinque anni dalla morte, avvenuta il 12 ottobre del 2006, la diocesi apre il processo di beatificazione. Concluso nel 2016, ora i documenti sono passati alla Santa Sede. La sua vita, ricca di fede scuote quella di tanti adulti.
L'amore di una figlia
Una mamma per il bene dei propri figli è disposta a tutto, anche a offrire la sua vita. Ma un figlio adolescente sarebbe capace di un gesto d'amore così grande? Se animato dalla fede sì. È il caso di Laura Carmen Vicuna, che a soli 13 anni decide di offrire la sua vita per “guarire” l'anima di sua madre. Laura nasce a Santiago del Cile il 5 aprile del 1891 in un periodo storico scosso da tensioni interne al Paese. Tra i suoi antenati figurano illustri personaggi della nobiltà. Questo il motivo per cui la rivolta che in quegli anni attraversa il Cile colpisce anche la sua famiglia. Il padre viene costretto all'esilio nel sud del Paese, sulle Ande. Qui nasce la secondogenita, Giulia Amanda, che non conoscerà mai suo padre, venuto a mancare pochi mesi prima. La madre, Mercedes, si ritrova ad accudire due figlie piccole e a lottare ogni giorno con la fame e la disperazione. La famiglia Vicuna decide allora di trasferirsi in Argentina, dove la mamma trova lavoro presso la tenuta agricola di Manuel Mora, in Patagonia. Dopo molte pressioni, ne diviene la compagna. Laura, ancora piccola, capisce che ci sono delle “irregolarità”, dal punto di vista della fede, in quella relazione, che non consentono alla donna di prendere parte ai sacramenti. Ma l'amore di Mercedes non abbandona le figlie: al fine di assicurare loro un’istruzione adeguata e continua, le affida ad un piccolo collegio missionario tenuto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, situato ai confini con il Cile, lontano dal patrigno.
Laura si trova a proprio agio in convento: nel 1901 riceve la prima Comunione. Un giorno di festa che presto diventa di sofferenza perché capisce che la mamma non si accosta all'altare per ricevere Cristo. Allora inizia a pregare affinché quella relazione possa finire al più presto. Laura si abbandona completamente a Dio pur di ottenere la conversione di sua madre. In estate trascorreva le vacanze con la sorella nella tenuta di Mora, che inizia a nutrire un certo interesse fisico per la ragazza di appena undici anni. Laura lo rifiuta e il suo patrigno, per vendetta, decide di non pagare più la retta del collegio. Mossa da pietà e comprensione, la direttrice accoglie ugualmente le due bambine. Nel 1902, in occasione della sua cresima, Laura chiede di poter entrare nell'ordine delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ma ottiene una risposta negativa a causa della situazione familiare. Ma la giovane non si rassegna: poco tempo dopo pronuncia privatamente i voti di castità, povertà ed obbedienza, consacrandosi a Gesù ed offrendogli la propria vita. Inizia a manifestarsi in Laura un leggero deperimento fisico. La sua salute peggiora sempre di più. Decide allora di tornare in campagna nella tenuta di Mora, ma la situazione non migliora. Fa quindi ritorno a Junin, dove è situato il collegio, ma alloggia privatamente con sua madre. Nel gennaio del 1904 Mora decide di far visita alla sua compagna con l'intenzione di trascorrere in quell'appartamento la notte: “Se egli si ferma qui, io me ne vado in collegio dalle suore”, minaccia Laura scandalizzata. E così avviene: nonostante la malattia scende in strada. Mora la insegue, la raggiunge, e la percuote violentemente. Arrivata in collegio si confessa, e al suo padre spirituale rinnova l’offerta della propria vita per la conversione della madre.
Il 22 gennaio riceve l'unzione degli infermi e fa chiamare la madre per trasmetterle il suo grande sogno: “Mamma, io muoio! Io stessa l’ho chiesto a Gesù. Sono quasi due anni che gli ho offerto la vita per te, per ottenere la grazia del tuo ritorno alla fede. Mamma, prima della morte non avrò la gioia di vederti pentita?”. Tra le lacrime, Mercedes le assicura di cambiare vita. Laura muore serenamente: “Grazie, Gesù! Grazie, Maria! Ora muoio contenta!”. Il giorno del funerale la mamma si accosta all'altare per ricevere la comunione, dopo essersi confessata. Oggi la Chiesa la venera come beata. Fino a pochi mesi fa, se la Santa Sede avesse riconosciuto il miracolo da lei compiuto dopo la cerimonia di beatificazione, Laura Vicuna sarebbe potuta essere la più giovane santa non martire della storia della Chiesa. Un primato “rubatole” dai pastorelli di Fatima, Francesco e Giacinta.