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Perché Giuda tradì Gesù

Nel giorno di Mercoledì della Settimana Santa la liturgia propone il Vangelo di Matteo in cui si ripercorre il tradimento di Giuda. Come è maturata questa drammatica decisione? In Terris ne ha parlato con padre Domenico Paoletti, francescano vicario della Custodia del Sacro Convento di Assisi, per due mandati preside della Pontificia Facoltà teologica “San Bonaventura” Seraphicum dove è tuttora docente di Teologia fondamentale.

Fra Domenico, Giuda è stato scelto da Gesù, è stato tra gli inviati a evangelizzare. Cosa può averlo allontanato da Cristo?

“Sì, anche Giuda era stato scelto. E ci riesce difficile comprendere come Gesù, conoscitore profondo di 'ciò che vi è nel cuore di ogni uomo', possa aver lasciato che Giuda si perdesse. Gesù aveva mandato anche Giuda 'con potere e autorità' ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi (Lc 9,1-2) e Giuda, a quanto pare, non l’aveva fatto peggio degli altri; le parole di Gesù ai suoi discepoli 'siederete su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele' (Mt 19,28) e 'i vostri nomi sono scritti nei cieli' (Lc 10,20) sono rivolte anche a Giuda; anche Giuda è presente all’Ultima Cena… Davvero qualcosa lo allontanò da Gesù? È difficile dirlo. Storicamente di lui sappiamo poco: solo nell’imminenza della Passione compare in primo piano. Il suo nome si trova in tutte le liste dei nomi dei Dodici, in fondo e con una sinistra aggiunta fissa: 'quello che lo tradì', che è comunque una rilettura postpasquale. Nell’ultimo secolo molti autori, in termini piuttosto vaghi, hanno affermato che Giuda si attendesse un Messia di tutt’altro tipo, che Gesù avesse in qualche modo deluso le sue speranze. Ma dobbiamo ammettere che nulla di oggettivo verifica storicamente questa lettura. D’altra parte, anche gli altri discepoli della messianicità inedita di Gesù avevano capito poco. Cominceranno a comprenderla solo dopo l’esperienza di Pasqua e, soprattutto, di Pentecoste”.

Nella storia della salvezza la figura di Giuda è centrale. Fino all'ultimo Gesù lo chiama amico. Giuda era in qualche modo “obbligato” a tradire, come sostiene ad esempio il vangelo (gnostico) che porta il suo nome?

“E' vero che la figura di Giuda risulta in qualche modo centrale nella storia della salvezza, ma la sua vicenda resta un enigma, è il lato oscuro della Redenzione. Che cosa fece Giuda? Subito scatta la risposta, in automatico: tradì Gesù! Ma è sicuro? Il verbo che nel Nuovo Testamento si riferisce all’azione compiuta da Giuda nei riguardi di Gesù (paradìdomi, inf. paradidònai) significa propriamente 'consegnare', e di solito nelle altre occorrenze bibliche viene tradotto così. Non si può mettere in dubbio che Giuda abbia in qualche modo facilitato l’arresto di Gesù (il fatto che proprio uno dei Dodici avesse fatto questo non poteva certo venir inventato nella prima chiesa: era così triste, così scandaloso, che non vi era nessun interesse a inventarlo), ma 'consegnare' è altra cosa da 'tradire', ed è possibile che Giuda all’inizio pensasse di spingere Gesù a rivelarsi apertamente. Quando – quasi subito – dovette scoprire con orrore di essere stato lo strumento inconsapevole di un complotto volto a eliminare Gesù, non seppe nemmeno concepire la possibilità del perdono per quello che gli appariva come un peccato troppo grande. E così si uccise; ma, più ancora che un suicidio, il suo sembra un disperato tentativo di fare giustizia di se stesso. Di causare la morte di colui che aveva causato la morte del Maestro amato. Lei ha ricordato il Vangelo di Giuda, testo gnostico che fu portato all’attenzione del pubblico nel 2006, e implicitamente si riferiva a una frase pronunciata da Gesù che può sembrare il culmine della rivalutazione di Giuda: 'Tu sarai al di sopra di tutti loro; perché tu sacrificherai l’uomo che mi riveste'. Ciò significa, in accordo con la visione gnostica, che morire è necessario a Gesù per superare la prigionia della vita terrestre-corporea: un limite per lui, come per ogni altro essere spirituale promesso alla vita divina. Naturalmente i vangeli gnostici non possono in alcun modo essere considerati fonti storiche. Gli gnostici consideravano Gesù un Maestro di altissima sapienza, ma nei loro testi lo presentano fuori del tempo e della storia, già glorificato. Poiché disprezzano profondamente tutta la realtà materiale, non hanno alcun interesse per la vicenda terrena di Gesù e rifiutano due concetti cardine della rivelazione cristiana quali l’Incarnazione e la Resurrezione (che coinvolge e trasfigura anche la corporeità, pur se non possiamo considerarla semplice ritorno alla vita di prima)”.

Al di là di quanto raccontano i Vangeli, quali possono essere le ragioni storiche che spinsero Giuda al tradimento? Possono esserci ragioni politiche? È fondata l'ipotesi che appartenesse alla setta degli zeloti?

“Tramontata come inconsistente l’ipotesi diffusa nei secoli passati, quella secondo cui Giuda avrebbe tradito Gesù per brama di denaro o per odio incomprensibile e gratuito nei suoi confronti, nel corso del Novecento ha assunto un certo spazio la lettura politica della crisi di Giuda e l’idea che fosse uno zelota. Qualcuno anzi ha voluto leggere l’appellativo 'Iscariota', che ci è giunto in greco ma dovrebbe essere Ish-Kerioth (cioè 'l’uomo di Keriot'), come una corruzione del latino sicarius: i sicari – così chiamati dal pugnale corto (sica) di cui si servivano per i loro attentati micidiali e fulminei – erano, per così dire, l’ala armata degli zeloti. Oggi questa lettura di Giuda non da tutti gli studiosi è condivisa e comunque, ancora una volta, mancano fonti certe”. 

Anche gli altri apostoli in qualche modo hanno “tradito” il Messia: Pietro lo ha rinnegato, tutti lo hanno abbandonato, Tommaso non crede alla Resurrezione. Anche Giuda si pentì: qual è la differenza con gli altri discepoli?

“La risposta tradizionale è facile, la conosciamo bene tutti: è che Giuda si uccide perché non crede possibile un perdono per ciò che ha commesso, il suo pentimento diventa subito disperazione e quindi per lui non può esserci un 'dopo', un riscatto. Il suicidio è stato considerato un peccato aggiunto rispetto all’altro già orribile: una ratifica aggravante del tradimento, perché sottintende mancanza di fiducia in Dio. Ma il suicidio non era unanimemente condannato nel mondo antico. Secondo la Legge, poi, quando un innocente era stato messo a morte in seguito a una denuncia, la morte del denunciante, anche volontaria, era l’unica possibile riparazione”.

Sappiamo che l'unico che certamente è all'inferno è il diavolo “perché lui l’ha voluto” come ricordava Papa Francesco. Al di là delle sterili polemiche sul fatto che per il resto l'inferno sia vuoto o meno, è plausibile che Giuda si sia salvato?

“Anche se per molto tempo la dannazione di Giuda è stata considerata certa, indiscutibile, in qualche modo emblematica, è davvero difficile credere in un Dio di amore, un Dio che 'è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa', un Dio che è misericordia, e continuare a credere giusta, ovvia e indiscutibile la dannazione del dodicesimo discepolo: cioè di un uomo che, pur avendo commesso un tragico errore, amava Gesù e lo aveva seguito dagli inizi del ministero fino all’Ultima Cena, e forse riteneva di agire proprio nell’interesse della causa di Gesù, di aiutare un chiarimento, un suo confronto vincente con i capi del giudaismo. Riusciamo a immaginare la crisi terribile che si scatena quando Giuda comprende che il processo di Gesù verrà affidato all’autorità romana? Un’eventualità a cui egli forse non aveva neanche pensato, e che significava solo voler ottenere la sua condanna a morte. Papa Francesco, ricevendo in udienza il 4 gennaio di quest’anno un gruppo di orfani romeni, a uno di loro che chiedeva quale sorte sarebbe toccata a un suo amico morto, di cui un prete gli aveva detto che era morto in peccato e quindi non avrebbe potuto salvarsi, ha risposto tra l’altro: '…Nessuno di noi può dire che una persona non è andata in cielo. Ti dico una cosa che forse ti stupisce: neppure di Giuda possiamo dirlo…'. Ancora papa Francesco, in un libro sulla preghiera di recente pubblicazione (Quando pregate dite Padre nostro, Rizzoli-LEV, 2017), ricorda che nella basilica di Santa Maria Maddalena, a Vézelay in Borgogna, c’è un capitello che mostra da una parte Giuda, impiccato, dall’altra Gesù Buon Pastore, che lo carica sulle spalle e lo porta con sé. Così crediamo che lasciare aperta in chiave di speranza la riflessione su Giuda sia l’unica (non-) conclusione che, quantunque non ancora nella luce piena, non sia in contraddizione con la logica pasquale in cui ci sentiamo inseriti. Il personaggio di Giuda pone e ripropone la questione del rapporto tra amore e libertà; tra la verità evangelica – che Dio vuole la salvezza di tutti e per tutti si dona fino alla morte di croce –  e la libertà umana di scegliere.  La salvezza non cancella il dramma della libertà. E' il dramma della storia che si concentra in questa Settimana Santa. Da francescano, sento profondamente chiamare Giuda 'nostro fratello' come 60 anni fa, il Giovedì Santo del 1958, si espresse don Primo Mazzolari in una bellissima e commovente omelia pronunciata a Bozzolo”.

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