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Dalle palme alla Croce, le tappe della Passione

Gesù annunciò tre volte ai discepoli la sua passione, morte e risurrezione. Seguendo il vangelo di Matteo ritroviamo il primo annuncio (16,21) seguito dallo spavento dei discepoli, tanto che Pietro chiese a Gesù di non andare a Gerusalemme, perché non doveva morire. Gesù condusse tre discepoli, Pietro, Giovanni e Giacomo sul Tabor, dove si trasfigurò (Mt 17,12) per sostenerli nella fede in lui nel momento in cui la sua identità di Figlio di Dio sarebbe apparsa del tutto oscurata. Ma pur sul Tabor presentò la sua futura passione (17,12).

Una morte annunciata

Il secondo annuncio lo ritroviamo, seguendo Matteo in (17,22) con una reazione di tristezza dei discepoli. L’evangelista Marco annota (9,32) che i discepoli non compresero quanto diceva e “avevano timore di interrogarlo” per avere chiara spiegazione. Preferirono rimanere nella loro idea di un Messia vincente. E’ immaginabile che pensassero a un momento di tristezza del Maestro espresso in termini enigmatici. Fuori dubbio perché lungo la strada per Cafarnao li vediamo subito preoccupati di stabilire chi di essi fosse il più grande, e ciò in funzione della spartizione dei poteri nel reame futuro di Gesù.

Il terzo annuncio si ritrova, sempre seguendo Matteo, in (20,17s). A questo seguì l’interessato intervento della madre dei figli di Zebedeo: Giovanni e Giacomo. Ancora rimane la prospettiva della restaurazione del regno di Davide. Ma, accanto a questi tre annunci di base ve ne sono altri.

Lazzaro

La prospettiva della morte di Gesù diventò concreta. I Giudei a Gerusalemme lo volevano lapidare per cui si ritirò oltre il Giordano, là dove aveva svolto il suo ministero il Battista (Gv 10.40).

Conosciuto che Lazzaro era agonizzante lasciò quel luogo per recarsi a Betani, rischiando la vita. I discepoli. quindi, si strinsero attorno a Gesù per difenderlo pronti a morire per lui. Tommaso lanciò l’impegno coraggioso (Gv 11,16): “Andiamo anche noi per morire con Gesù”. A Betania Gesù risuscitò Lazzaro e il Sinedrio decise di metterlo a morte preso da invidia verso di lui. Così Gesù si ritirò a Efraim (Gv 11,54). Era prossima la Pasqua e Gesù non poteva mancare a Gerusalemme, poiché non era possibile (Lc 13,31) che “un profeta muoia fuori di Gerusalemme”.

Ingresso messianico

Partì a Efraim e passò per Cafarnao e quindi andò a Betania da Lazzaro dove ricette l’unzione di Maria di Magdala dettata dall’avere percepito con il suo amore che Gesù andava verso la morte. Il nardo prezioso fu un’anticipazione dei profumi usati nella sepoltura. Poi l’ingresso a Gerusalemme, con gente festante con in mano rami di palma e di olivo. “Osanna al figlio di Davide”; al figlio di Davide venuto a restaurare la dinastia di Davide, il regno di Israele. Gesù salì, nell’ingresso trionfale a Gerusalemme, al tempio dove fece molte guarigioni (Mt 21,14). Le sue opere, davanti ai sacerdoti del tempio, attestavano la sua unione con il Padre, ma il tempio rimase duro nel suo proposito di mettere a morte Gesù.

Il Cenacolo

I discepoli furono galvanizzati: Gerusalemme aveva accolto trionfalmente Gesù, fu perciò necessario che il Nazareno si riferisse ancora alla sua morte, presentata come sua glorificazione (Gv 12,23): “E’ venuta l’ora che il Figlio dell’Uomo sia glorificato. In verità vi dico; se il chicco di grano, caduto in terra non muore, rimane solo; se invece non muore produce molto frutto”.Seguì l’ultima cena dove i discepoli si presentarono pronti a difendere Gesù fino a dare la vita (Gv 13,37). 

L'arresto

Dopo la cattura di Gesù i discepoli si dispersero e Pietro lo rinnegò. Satana aveva chiesto di vagliare i discepoli come si vaglia il grano (Lc 22,31). Era il momento (Lc 22,53) della “potenza delle tenebre”. Potremmo oggi, Domenica delle Palme, considerare il comportamento dei discepoli ritrovandovi tante volte il nostro, preda di illusioni colpevoli, quando consideriamo la Passione di Cristo come fonte di perdono dei nostri peccati, ma non come via da percorrere sempre per essere veri suoi discepoli.

La scelta

Quale Gesù noi vogliamo seguire, agitando le palme e i rami di ulivo? Quello che ci promette vita facile, successi, potere, onori? Questo Gesù non esiste e così noi seguiamo il nulla. Vogliamo seguire un Gesù che benedice le armi e ci lancia crociati alla conquista di terre e di popoli per portarli a lui? Questo Gesù non esiste. Quello che non ci chiama a bere al calice della sua passione per parteciparvi subordinatamente a lui? Questo Gesù non esiste. Quello che ci perdona senza chiederci alcuna penitenza purificatrice e riparatrice? Questo Gesù non esiste.

Il messaggio 

Esiste solo Colui che è andato incontro alla morte per espiare i nostri peccati e renderci figli adottivi di Dio vivendo nell’appartenenza viva alla Chiesa suo corpo mistico. Esiste un Gesù che accettò l’obbedienza al Padre con immenso amore e che divenne perfetto dalle cose che patì, come ci dice la lettera agli Ebrei (5,8): “Pur essendo Figlio, imparò l'obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono”. Divenne perfetto secondo la misura voluta dal Padre. Sempre perfetto Gesù, ma c’era una misura che doveva raggiungere. E perché? Perché potessimo diventare il lui figli adottivi di Dio. Occorreva quella perfezione per togliere da noi la colpa originale e farci figli adottivi di Dio. Una perfezione d’amore inferiore – ripeto Gesù è stato sempre perfetto -, ma non di tale perfezione eccelsa d’amore, poteva toglierci solo i peccati, ma non il peccato originale. Saremmo certo stati figli di Dio, ma in base alla creazione e non in base all’adozione in Cristo a figli di Dio e tali lo “siamo realmente” (1Gv 3,1).

Rami di palma noi agitiamo oggi, ma li agitiamo non nella speranza di allora, di quell’ingresso a Gerusalemme, ma nella speranza viva di agitarli in cielo nella Gerusalemme celeste per celebrare eternamente colui che ci ha aperto i cieli e siede glorioso alla destra del Padre. (Ap 7,9): “Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani”.

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