Un leone che insidiava la vita di un enorme toro, pensò di sopraffarlo con l'astuzia. Perciò gli disse che immolava una pecora, e lo invitò al banchetto, con l'intenzione di ucciderlo mentre quello era sdraiato a tavola. Il toro venne; vide una gran quantità di caldaie e spiedi grossissimi, ma niente pecore; allora, senza dir parola, se ne andò. Il leone lo rimproverò e gli chiese perché si allontanava così silenzioso, senza che gli fosse stato fatto alcun torto. “Ho le mie buone ragioni”, gli rispose il toro, “vedo dei preparativi che mi paiono più da toro che da pecora“. La favola mostra che agli uomini prudenti non sfuggono le trappole dei malvagi. (Esopo) • Bisogna fare cose folli, ma farle con il massimo di prudenza. (Henry de Montherlant) • Nella cura delle anime, occorrono una tazza di scienza, un barile di prudenza e un oceano di pazienza. (San Francesco di Sales). Scrive il Catechismo della Chiesa Cattolica al capitolo sulle virtù umane: “Quattro virtù hanno funzione di cardine. Per questo sono dette 'cardinali'; tutte le altre si raggruppano attorno ad esse. Sono: la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza” (CCC 1805).
Di cosa tener conto e cosa evitare
Analizziamo la prima virtù cardinale la prudenza. Prudente dal latino “prudens” che significa accorto, avveduto, pratico, esperto. L'uomo prudente è la persona saggia che ha la capacità di distinguere le cose da fare da quelle da evitare. Nella nostra società del “tutto e subito” quanto è importante questa virtù. Sempre il Catechismo dice: “La prudenza è la virtù che dispone la ragione pratica a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo. L'uomo “accorto controlla i suoi passi” (⇒ Pr 14,15 ). “Siate moderati e sobri per dedicarvi alla preghiera” ( ⇒ 1Pt 4,7 ). La prudenza è la “retta norma dell'azione”, scrive san Tommaso [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 47, 2] sulla scia di Aristotele. Essa non si confonde con la timidezza o la paura, né con la doppiezza o la dissimulazione. E' detta “auriga virtutum”, cocchiere delle virtù: essa dirige le altre virtù indicando loro regola e misura. E' la prudenza che guida immediatamente il giudizio di coscienza. L'uomo prudente decide e ordina la propria condotta seguendo questo giudizio. Grazie alla virtù della prudenza applichiamo i principi morali ai casi particolari senza sbagliare e superiamo i dubbi sul bene da compiere e sul male da evitare” (CCC1806). Per essere prudenti bisogna tener conto di tre cose: 1. L'esperienza del passato, quelle positive come “bagaglio” e quelle negative che ci mettono in “allarme” verso il presente. L'esperienza è la madre della scienza di vivere. 2. L'accortezza del presente, consiste nella docilità e nell'accogliere il consiglio altrui e vedere i mezzi da impiegare. 3. La previdenza e la provvidenza per il futuro, cioè nel soppesare le circostanze e nell'evitare cose peggiori che impediscono i traguardi autentici. Poi ci sono altre tre cose da evitare: 1. La precipitazione. La tentazione della fretta. Il farsi prendere dall'impulso della volontà e della passione del momento. 2. L'inconsiderazione. Si ha quando uno si allontana dalla rettitudine nel giudicare, perché disprezza o trascura le cose delle quali deriva il retto giudizio. 3. L'incostanza. E' un difetto relativo all'alto del comando, per cui manca nel comandare le azioni deliberate e ritenute giuste.
L'imprudenza nel parlare
Il card. Carlo Maria Martini scriveva: “La virtù della prudenza viene anche dall'esercizio del discernimento, dall'esercitarci a giudicare con oggettività secondo Dio. Porto un esempio: noi oggi siamo circondati dai mass-media (radio, televisione, giornali), e la prudenza è appunto quell'istinto che ci guida ad accendere o a spegnere la televisione, a guardare o a non guardare, a leggere o a tralasciare di leggere. Ci aiuta quindi a decidere in modo da non essere soffocati o aggrovigliati dai media. Inoltre la prudenza ci insegna a non accettare tutto, a vagliare le notizie, a esigere i riscontri, le fonti, ad aspettare le conferme. Ci guida, insomma, nel retto giudizio. Infine, la prudenza che ci è data dallo Spirito santo e dall'esercizio del discernimento, viene pure da una certa abitudine al silenzio, alla calma, evitando la precipitazione nei giudizi e nelle azioni. Spesso, soprattutto nel parlare, siamo molto imprudenti, molto insipienti e dissennati – che è tutto il contrario della prudenza -, perché non facciamo precedere alle parole un momento di silenzio, di sosta, di riflessione…. La prudenza genera dunque saggezza di vita, armonia, tranquillità d'animo e serenità, ordine, chiarezza, pace interiore e ci rende capaci di guardare a ciò che è essenziale”.
“Preghiera per ottenere le Virtù” di San Tommaso d'Aquino
O Dio onnipotente, che conosci tutte le cose, che non hai principio né fine, che delle virtù sei il donatore, il conservatore e il rimuneratore, degnati di confermarmi col saldo fondamento della fede; di difendermi con l’inespugnabile scudo della speranza; di decorarmi con la veste nuziale della carità. Dammi di essere a te sottomesso per mezzo della Giustizia; di evitare le insidie diaboliche mediante la prudenza; di tenere il giusto mezzo mediante la Temperanza. Fa ch’io possa comunicare senza invidia il bene che ho a quelli che non l’hanno; non sdegnando di chiedere agli altri quello che a me manca. Ch’io possa accusare con tutta schiettezza, le colpe commesse, sopportando con animo non ribelle la pena dovuta. Il bene del prossimo non susciti in me invidia alcuna,e dei tuoi doni ti renda sempre grazie. Nel vestire, nel camminare e in ogni mio atto sia sempre disciplinato. Che possa ritrarre la lingua dai discorsi vani, impedire ai piedi di andare di qua e di là, raccogliere lo sguardo, che vorrebbe essere dissipato, chiudere gli orecchi ai vani rumori: inclinare umilmente il volto, elevare l’intelletto alla considerazione delle cose celesti: disprezzare i beni transitori, desiderare soltanto te: domare la carne, purificare la coscienza: onorare i santi, lodare te degnamente; far progresso nel bene, e gli atti buoni con un fine santo terminare. Pianta, o Signore, in me la virtù, perché abbia trasporto per le cose divine, sia provvido circa i doveri umani, e non di peso a nessuno circa l’uso del mio corpo. Dammi o Signore, una contrizione fervente, una confessione pura, una soddisfazione perfetta. Degnati di ordinare il mio interno per mezzo di una buona vita, perché faccia quello che è decoroso, quello che serve di merito a me e di esempio al prossimo. Che non desideri mai quelle cose che si fanno per insipienza, e che senta la nausea di tutto quello che si fa per pigrizia. Non sorga in me il desiderio d’incominciare qualche opera anzitempo né, una volta intrapresa, l’abbandoni prima di averla condotta a termine. Così sia.