Cinquanta morti e oltre duemila feriti: sono devastanti, come la scossa sismica che li ha provocati, i numeri del terremoto che ha colpito l'Albania, dove stamane il premier Edi Rama ha annunciato la fine del lavoro delle squadre di soccorso, impegnate nella ricerca di eventuali superstiti. Non meno grave il bilancio dei danni subiti dalle città albanesi, con il premier a indicare (stando solo ai dati preliminari) la presenza di almeno 1465 edifici con gravi lesioni nella capitale Tirana e altri 900 nella città di Durazzo, la più colpita, assieme a Thumane, dal terremoto di cinque giorni fa. Fra le vittime, si contano 6 bambini e 22 donne, con il bilancio singolo più grave registrato nel crollo di due palazzine a Thumane, nel quale hanno perso la vita in tutto 26 persone. Anche la situazione fra i feriti continua a essere grave: sarebbero 41 le persone sono ricoverate negli ospedali di Durazzo e Tirana, mentre in tre sono stati trasferiti all'estero per essere sottoposti a cure specifiche (due in Italia). Particolarmente seria la situazione di una ragazza, ferita nel corso del sisma ma non trasportabile in altre strutture.
la tragedia
Numeri che danno il peso del dramma che sta vivendo la popolazione albanese, alle prese con il più grave sisma che ha colpito il Paese negli ultimi decenni. Un disastro che ha mobilitato l'Europa a sostegno delle città devastate, debellando in nome della solidarietà anche gli antichi dissapori socio-politici che hanno caratterizzato storicamente la Penisola balcanica, anche in tempi recenti, con aiuti arrivati sul campo anche da Serbia e Kosovo. La tragedia ha portato con sé scene strazianti, come il ritrovamento di una mamma e dei suoi tre figli, morti insieme nel letto della loro casa assieme ad altri cinque membri della famiglia. Episodi che tornano a ripetersi ogni volta che la terra decide di tremare, spazzando via vite e storie di quotidianità.
L'esperto: “Fase finale di un processo orogenetico”
Fenomeni potenzialmente catastrofici ma tutt'altro che rari in un contesto come l'Europa centro-meridionale: “L'attività a cui stiamo assistendo in questi giorni – ha spiegato a In Terris il dottor Salvatore Mazza, sismologo Ingv – per noi sismologi è più o meno normale, nel senso che l'attività orogenitica è frequente in quella zona. Si tratta della manifestazione di un movimento lentissimo legato alla chiusura del Mediterraneo, cioè all'avvicinarsi del blocco africano ed eurasiatico. Una situazione analoga a quella che sta avvenendo nel Pacifico, soggetto anch'esso a un processo di avvicinamento. Per quanto riguarda il nostro mare, stiamo ora assistendo all'ultima fase di chiusura di ciò che resta di un precedente oceano. Qualcosa che, comunque, avverrà nel corso di migliaia di anni”. Secondo il dottor Mazza, si tratta di un processo “tutt'altro che indolore: di tanto in tanto le placche 'scricchiolano' in alcune zone, come nel caso del frammento chiamato microplacca adriatica: non sappiamo nemmeno se sia collegato alla placca maggiore o se sia un pezzo a sé stante ma sappiamo che, al momento, sta scorrendo sotto la penisola italiana, provocando dei terremoti a qualche decina di chilometri di profondità. In questo caso, possiamo dire che si tratta di sismi meno frequenti di quelli a profondità superiori. Basti pensare che sul lato tirrenico, ad esempio, arriviamo a terremoti di profondità pari a 500 chilomteri”.