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Messico, gruppo di mormoni massacrato dai narcos

Una scena orrenda quella che si è materializzata a Rancho de la Mora, a cavallo fra gli Stati messicani di Chihuahua e della Sonora, dove un gruppo di mormoni statunitensi, tra i quali almeno quattro bambini, sono stati massacrati a colpi di arma da fuoco, prima di essere bruciati, alcuni ancora vivi, assieme al van che li trasportava. Una strage che, secondo i media internazionali, sarebbe stata opera di uno dei cartelli narcos della provincia messicana, particolarmente attivi in quella zona del Paese che, stando a quanto riferito dalle testate locali, avrebbero agito in diversi momenti. Il van viaggiava in un convoglio che comprendeva anche altri veicoli, quando alcuni uomini armati hanno aperto il fuoco, freddando una donna che aveva lasciato la vettura con le mani alzate e, spietatamente, i bambini che stavano cercando di fuggire.

L'aggressione

Un'azione disumana che, poco più tardi, si sarebbe ripetuta con lo stesso modus operandi contro i restanti veicoli, per un numero di omicidi di cui, per ora, si conosce solo la brutalità. Non le motivazioni e nemmeno il numero esatto dei morti che, secondo il procuratore di Chihuahua, César Augusto Peniche (citato dal Telegraph), resta tuttora incerto. I media parlano di nove vittime, perlopiù bambini anche se, sicuramente, fra queste ci sono tre donne. Non è chiaro, al momento, se le vetture siano state tutte incendiate dai killer o se una di queste abbia preso fuoco dopo essere stata investita dalla raffica di mitra. Sul caso indaga la Procura di Chihuhahua che, per ora, ha disposizione solo elementi imprecisi e in fase di ricostruzione. Resta comunque la violenza con cui la presunta banda narcos ha spazzato via vittime inermi, fra le quali una donna della famiglia LeBaron, una comunità di mormoni emigrata in Messico dagli Stati Uniti ormai quarant'anni fa e nota per le sue posizioni anti-violenza. A denunciarlo è stato Julian LeBaron, cugino della vittima e fratello di Benjamin, attivista e fondatore dello sportello Sos Chihuahua, assassinato nel 2009.

La guerra narcos

Un clima di violenza estrema quella che sta martoriando le province settentrionali del Messico, con una sanguinosa guerra fra i cartelli narcos che sta funestando larghe fette del Paese e provocando una serie di episodi che hanno fatto schizzare il tasso di omicidi. In particolare, dopo l'arresto e la condanna di Joaquin “El Chapo” Guzman, la guerra per la successione alla leadership dei cartelli ha innalzato a livelli estremamente elevati la violenza anche a ridosso del confine americano. Esattamente tre mesi dopo la condanna all'ergastolo del Chapo, l'arresto di suo figlio Ovidio aveva scatenato una battaglia fra gli uomini del “Chapito” e le Forze dell'ordine, che aveva letteralmente paralizzato la città di Culiacan, nello Stato di Sinaloa, tanto che la vicenda si era risolta con il rilascio del narcotrafficante, scatenando un'accesa polemica in Messico. Un dibattito che, probabilmente, verrà scatenato allo stesso modo dal massacro di Rancho de la Mora, in attesa che ne venga chiarita la natura e che, soprattutto, si decida come porre freno alla sanguinosa guerra criminale che tiene in scacco un Paese intero.

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