Che ad abbandonare la nave siano i compagni di una vita fa sicuramente male. Ma se ad alzare bandiera bianca è un fratello, la situazione potrebbe essere decisamente più complicata da affrontare. Al premier britannico Boris Johnson, ultimamente sta accadendo un po' di tutto, almeno da quando ha avuto l'idea di fermare i lavori della Camera dei Comuni fino a ottobre: prima il quadrato dell'opposizione, poi l'addio di Philip Lee e la perdita della maggioranza in Parlamento, e ancora, il passaggio della mozione che di fatto blocca il no deal, aumentando esponenzialmene le possibilità che la Brexit possa slittare ben oltre la scadenza del 31 ottobre. L'ultima in ordine di tempo, però, è forse la notizia peggiore, ancor di più del passaggio di un Tory storico come Lee ai LibDem di Swinson: dal gruppo conservatore della Camera, infatti, si chiama fuori anche Joseph Johnson, fratello di Boris e, nondimeno, suo vicepremier.
#show_tweet#
Le dimissioni
Uno strappo importante per il premier Boris che, in Parlamento, è stato protagonista di un durissimo confronto con il leader laburista Jeremy Corbyn. Con Jo i Tories perdono un pezzo più importante di quanto si pensi, l'elemento di equilibrio fra l'estremismo brexiteer di Boris e l'ala dei conservatori scettica sulla Brexit a tutti i costi. Quella a cui appartiene anche Joseph che, proprio in virtù della possibile deriva verso il divorzio senza accordo, ha deciso di rassegnare le proprie dimissioni, come già fece all'epoca del governo May, dicendosi “lacerato tra la famiglia e l'interesse nazionale”. Jo lo ha spiegato in un tweet accorato, in cui afferma senza giri di parole che “nelle ultime settimane sono stato diviso tra la lealtà alla famiglia e l'interesse nazionale: è una tensione irrisolvibile e il tempo per gli altri di assumere i miei ruoli di deputato e vice ministro”. Motivazioni di certo non da poco.
Colpo da knockout
La somiglianza fisica non si è praticamente mai rispecchiata in politica, perlomeno sulla visione europea: falco della Brexit uno, convinto delle grandi possibilità di un Regno Unito fuori dall'Europa con o senza accordo, tanto da aver scavato un fossato incolmabile fra i conservatori brexiteers e l'ala moderata dei Tories; l'altro europeista, assolutamente a favore della permanenza britannica nel novero dei Paesi Ue, tanto da non aver mai nascosto la propria contrarietà al processo della Brexit in atto. Lo aveva fatto durante il governo May, in aperta ostilità con la politica operata dall'allora premier, e lo ha fatto di nuovo, abbandonando l'ondeggiante nave Tory prima dell'urto ora che al timone c'è suo fratello. Una scelta per inconciliabilità tra famiglia e doveri verso la Nazione ma, al tempo stesso, un colpo quasi da k.o. per un premier che, nelle ultime ore, si trova nella posizione di dover alzare i toni contro chi non vuole le elezioni (la cui proposta verrà votata nuovamente lunedì), dando però la sensazione che il pallino del gioco non sia più in mano sua.