Quarantacinque presidenti, 230 anni di storia e appena due procedimenti arrivati a essere istituiti nelle aule del Congresso. Numeri che la dicono lunga sul procedimento di impeachment, concepito nell'Articolo II della Costituzione dai delegati della Convenzione del 1787 ma inserito in un contesto burocratico che prevede complesse fasi nell'iter della sua istituzione. Anche per questo, estendendo la pratica anche agli altri ruoli istituzionali, in questo lasso di tempo solo 62 volte i Rappresentanti sono riusciti a mettere in piedi un processo, due dei quali a carico di presidenti in carica. Ora, con l'avvio dell'inchiesta da parte della presidente della Camera, Nancy Pelosi, per determinare se vi siano o meno gli estremi per creare il terzo precedente nella storia degli Stati Uniti a carico di un presidente, tornano a palesarsi tutti i dubbi che, fin da fine '700, accompagnano la pratica dell'impeachment. Già all'epoca della Convenzione, infatti, vi era più di qualche perplessità sull'effettiva violazione che potesse permettere la messa in stato di accusa di un funzionario pubblico tra coloro che, come Alexander Hamilton, parlavano di concetti più astratti (“Cattiva condotta di uomini pubblici o, in altre parole, dall'abuso o dalla violazione di una fiducia pubblica”), e altri che, come James Madison, sostenevano la motivazione della condotta criminale.
La regolamentazione
Dalla Convenzione venne fuori un ibrido, in quanto per avviare l'impeachment venne decretata la necessità di ipotesi di “tradimento, corruzione o altri reati gravi“, dicitura che, già all'epoca, contribuì ad alimentare il dibattito su quali fossero le condotte da inquadrare sotto l'ultima delle tre categorie. In generale, si ritiene che l'abuso di potere (ma anche comportamenti incompatibili con la carica e il suo uso improprio) sia un presupposto sufficiente, perlomeno per istituire l'iter d'inchiesta e verificare se, effettivamente, l'incaricato abbia o meno “tradito la fiducia pubblica” che gli era stata concessa. In pratica, però, non esiste una vera e propria letteratura legale a riguardo e la valutazione delle accuse nei confronti di un funzionario pubblico varia a seconda dell'interpretazione di ogni membro del Congresso. Anche per questo, dal 1789 a oggi, i procedimenti veri e propri sono stati pochi, in quanto in mancanza di un'evidenza incontrovertibile, l'uniformità di giudizio resta complicata. Per le stesse ragioni, potrebbero derivare da qui anche i dubbi iniziali che avevano accompagnato la speaker Nancy Pelosi (che riveste una posizione piuttosto esposta in tali procedimenti) nel risopndere alle sempre più pressanti richieste dei democratici e avviare l'inchiesta sul Kievgate che ha investito Donald Trump, il quale a sua volta ha già fatto sapere di voler rendere pubblica la sua conversazione con Zelenskij e dichiarato che l'avvio dell'iter rappresenterà un fattore di vantaggio per la sua campagna elettorale. A ogni modo, ipotizzando una conclusione dell'inchiesta sfavorevole per il presidente, secondo la Costituzione la Camera impegnerebbe giuridicamente il funzionario e il Senato sarebbe a quel punto tenuto a istituire un processo anche se, in questo caso, resterebbe la variabile della maggioranza del partito presidenziale, che potrebbe portare a un'eventuale archiviazione rapida se non fosse ritenuto necessario ascoltare le ragioni dell'inchiesta.
Due casi
Solo un paio di precedenti storici rilevanti appunto, datati 1868 e 1999, rispettivamente a carico dei presidenti Andrew Johnson e Bill Clinton, gli unici due casi in cui la voce “alti crimini e illeciti” necessaria all'impeachment ed ereditata dalla Common Law britannica è stata sufficientemente riempita con dettagliate ipotesi di violazione in conformità con l'Articolo II. Entrambi i processi, come da prassi, sono sati guidati dal presidente in carica della Corte Suprema. Nel caso del successore di Lincoln la vicenda fu legata alla rimozione dell'allora Segretario alla Guerra Edwin Stanton, atto ritenuto compiuto in violazione del Tenure of Office Act, la legge che regolava il potere di veto presidenziale. In generale, furono undici gli articoli di impeachment formulati a carico di Johnson, per uno dei quali il Senato non votò la condanna, non riuscendo per questo a incriminare il presidente. Il caso Clinton nacque per tutt'altre ragioni, trattandosi di un caso di presunte molestie sessuali denunciato dalla giornalista Paula Jones e costato al presidente due imputazioni per spergiuro e ostruzione alla giustizia. Anche in questo caso, i numeri in Senato non furono sufficienti a rimuoverlo dalla sua carica. Cosa che, forse, sarebbe accaduta a Richard Nixon, che evitò però di creare nel 1974 quello che sarebbe stato il secondo caso della storia, rassegnando le sue dimissioni (primo e finora unico fra gli inquilini della Casa Bianca) per lo scandalo Watergate.