Mi inchino dinanzi al sacrificio dei soldati francesi. Sono morti per la nostra libertà. Questo rafforza la nostra determinazione a combattere insieme il terrorismo“. Il presidente del Mali, Ibrahim Boubacar Keita, ha omaggiato così, nel corso di un'intervista a Le Monde, i due militari transalpini rimasti uccisi nell'esplosione di una mina artigianale durante il transito del veicolo a bordo del quale viaggiavano nel nord del Paese africano.
Emergenza
Keita, ricevuto lunedì da Emmanuel Macron, ha assicurato che nonostante attacchi come quelli di ieri, “l'esercito maliano, i suoi partner africani e occidentali stanno segnando punti nella lotta ai terroristi” nel Sahel. A riprova la recente alleanza tra Yad Ag-Ghali e Abu Walid Al-Sahrawi, che sono “preoccupati di fronte alla determinazione della coalizione anti-jihadista guidata dal G5 Sahel con i nostri amici francesi ed europei”. Tuttavia il Mali vive ancora sotto la minaccia di gruppi jihadisti presenti nel “Grande Nord” e che colpiscono il centro del Paese con attacchi sporadici. Non sono bastate a sconfiggerli l'operazione francese Serval, lanciata cinque anni fa, la successiva operazione regionale anti-terrorismo Barkhane con 4 mila uomini dispiegati da Parigi e la missione Onu in Mali (Minusma), costituita da 12mila soldati. Sul terreno è anche operativa la forza militare regionale congiunta del G5 Sahel, con a pieno regime 5 mila militari di Mali, Mauritania, Burkina Faso, Niger e Ciad. L'Unione europea ha raddoppiato il suo contributo al G5 Sahel, con 100 milioni di euro, ma al suo budget mancano ancora 238 milioni di euro.
Due pesi e due misure
I finanziamenti necessari alla forza regionale saranno al centro di una riunione dei donatori che si terrà a Bruxelles. Keita ha sottolineato che “questa guerra è estremamente dura. Il nemico è invisibile e crudele. Ogni soldato che cade muore per il Mali, ma anche per la Francia. Noi siamo soltanto un territorio di transito. L'obiettivo, la destinazione finale siete voi“. Il presidente maliano non ha nascosto il suo fastidio per la politica dei due pesi e due misure delle potenze occidentali. “Sappiamo quanti soldi sono spesi ogni giorno in Iraq e in Siria nei bombardamenti. Vedere oggi i Paesi del Sahel porgere la mano per ottenere 423 milioni di euro, confesso che fa male. Non siamo mendicanti”.
Critiche all'Onu
Critiche anche all'Onu. “A cosa serve fare peacekeeping mentre stiamo combattento una guerra regionale contro il jihadismo? Senza un mandato più offensivo, che chiediamo da tempo con decisione, la Minusma è una delle missioni Onu che registra il maggior numero di perdite umane, impegnata soltanto in progetti sociali” ha fatto notare il presidente maliano. “Non siamo responsabili per la fine dell'era di Muhammar Gheddafi e la disintegrazione della Libia, dove ci sarebbero 13 milioni di armi in circolazione. La comunità internazionale ha un dovere di azione e di soidarietà. La Francia lo ha capito molto bene. Francois Hollande ha fatto del suo meglio e Emmanuel Macron, con il dinamismo che lo caratterizza, sta spingendo assieme alla cancelliera tedesca, Angela Merkel” ha concluso Keita.