Sono passati sei lunghi anni da quell’11 marzo del 2011. Ma, del disastro della città di Fukushima il ricordo non è ancora stato cancellato e, francamente, mai potrà esserlo. Alle 14.46, ora locale, l’intero Giappone si è raccolto in un minuto di silenzio per commemorare le vittime del tragico terremoto che ha investito, anche con la forza di uno tsunami di proporzioni colossali, la parte nord-orientale del Paese nipponico, causando oltre 18 mila morti (vittime dirette o decedute in seguito per malattie, come riportato dall’Agenzia per la ricostruzione) e il più grave disastro nucleare dopo l’incidente di Chernobyl, nel 1986. Al momento della commemorazione sono risuonati gli allarmi tsunami in tutta la costa nord-est del Giappone, mentre omaggi floreali venivano offerti in memoria delle vite perdute.
Sei anni dopo…
Nel Teatro nazionale di Tokyo, alla presenza del primo ministro, Shinzo Abe, e di tutte le principali autorità nipponiche, si è svolta come ogni anno la principale cerimonia in ricordo della catastrofe, alla quale hanno partecipato anche alcuni superstiti ma, per la prima volta dal 2012, non l’imperatore Akihito, rappresentato dal figlio minore, il principe Kishino. “Il Giappone nella sua storia ha sofferto molte tragedie – ha detto il premier durante il suo discorso -, ma è anche riuscito a superarle. È qualcosa che ci rende più forti”. Le proporzioni del disastro di Fukushima, in effetti, sono decisamente al di là di ogni limite fin lì concepito, e le sue conseguenze risultano tutt’altro che superate (e ben lontane dall’esserlo): gli sfollati a causa del devastante impatto dello tsunami (40 metri di altezza massima, 15 nella zona della centrale nucleare) sono ancora 120 mila, 40 mila delle quali hanno preferito astenersi dal ritornare nella zona di Tohoku a causa del rischio di radiazioni (il livello attorno ai primi tre reattori è ancora elevatissimo, circa 300 microsieverts all’ora).
Le previsioni
Inoltre, a distanza di un lasso di tempo che inizia a essere piuttosto lungo, anche le condizioni degli edifici continuano a peggiorare e il piano di ricostruzione risulta per nulla semplice, a causa dei costi raddoppiati e di un’ipotesi demolizione per ora inattuabile. Il processo di raffreddamento, messo in atto attraverso la costruzione di una parete di ghiaccio che, in linea teorica, dovrebbe limitare la percentuale radioattiva del liquido contaminato, non risulta ancora sufficientemente funzionante, mentre il lavoro di estrazione del magma radioattivo è in fase di avviamento e costituisce la parte più complessa e delicata dell’intera opera di bonifica. Le stime sull’eventuale demolizione, prevedono conclusioni siderali (almeno nel decennio compreso fra il 2041 e il 2051).
Come ogni anno, durante la giornata della commemorazione, le forze di polizia hanno setacciato le spiagge alla ricerca di possibili resti di chi, in quel triste giorno, sparì senza lasciare traccia: le cifre ufficiali stimano 15.893 vittime in 12 prefetture e 2.533 dispersi nel conteggio di sei regioni. Nel frattempo, la popolazione giapponese ha fermato per un momento la sua operosa quotidianità, ricordando sì chi in quella tragedia ha perso la vita ma, allo stesso tempo, volgendo un dubbioso sguardo verso il futuro.