E’ Pasqua ovunque la luce prevalga sulle tenebre. Spesso l’oscurità pervade la vita pubblica e privata sotto forma di guerre, emergenze sociali, crisi economiche ma anche di divisioni, invidie, conflitti, “chiacchiericcio” tra le mura domestiche e nei contesti comunitari. Papa Francesco esorta pastori e fedeli laici a “portare al mondo la luce di Cristo”. Insegna il Pontefice: “Non possiamo fare Pasqua se continuiamo a rimanere nella morte; se restiamo prigionieri del passato; se nella vita non abbiamo il coraggio di lasciarci perdonare da Dio, di cambiare, di rompere con le opere del male, di deciderci per Gesù e per il suo amore; se riduciamo la fede a un amuleto, facendo di Dio un bel ricordo di tempi passati, invece che incontrarlo oggi come il Dio vivo che vuole trasformare noi e il mondo”.
Oggi è Pasqua in tutto il mondo anche se con sfumature diverse. Le Chiese latinoamericane e africane hanno un dinamismo che nel vecchio continente sembra essere andato perduto. L’Europa ha solide strutture, create pazientemente nei secoli, che i cattolici temono di perdere mentre hanno perso molto dello slancio missionario. Le Chiese nuove, infatti, hanno poco da perdere, spesso conoscono direttamente la persecuzione e il martirio (come all’inizio del cristianesimo) e sono molto più creative: sono continenti in costruzione. Papa Francesco è simbolo di questa vitalità e dello spirito latinoamericano che più che della esatta formulazione dogmatica, tanto cara agli europei, si preoccupa della traduzione in azione e testimonianza del messaggio evangelico. Il programma di ogni papa è dato dal Vangelo e dalla sua interpretazione così come si è configurata nella tradizione. Il cero pasquale splende come un faro nella notte, trasformandosi in fiaccola che va a portare luce nei problemi sociali come in quelli personali e familiari.
Nella pastoralità dell’azione di Francesco e nello sforzo del dialogo con il mondo moderno e anche con i lontani, che alle volte sembrano apprezzarlo più di alcuni più vicini o vicinissimi, che manifestano le stesse paure degli avversari di Gesù che frequentava pubblicani e stranieri e accettava gesti di venerazione da prostitute, è una Chiesa che si preoccupa più degli altri che di se stessa. In dialogo prima di tutto con i fratelli separati. Più che una novità è la continuazione, con la stessa tenacia, di tutto il movimento ecumenico che il Concilio Vaticano II ha benedetto e rafforzato con i suoi documenti. Ne è una conferma il cambio di atteggiamento e di linguaggio verso gli ebrei, verso le Chiese non cattoliche e anche verso i musulmani e i fedeli di altre religioni, riconoscendo “semi del Verbo”, cioè elementi di verità e di bontà, anche nella loro fede. Lo spirito pasquale pone in risalto le radici conciliari del pontificato di Francesco. Si ritrova nella povertà che è al centro del Vangelo e in un filone di testimonianza mai interrotto nella storia della Chiesa: ogni movimento religioso, come quello benedettino, francescano, gesuita ha sempre posto la povertà come fondamento della propria spiritualità. E la misericordia è l’attuazione della Scrittura alla luce del Risorto. È innegabile l’affievolirsi nei secoli del messaggio di misericordia divina che invece pervade tutto l’Antico e il Nuovo Testamento. Forse a molti è sembrato che un Dio che prova compassione venisse impoverito. E troppo spesso è stata attribuita a Dio la concezione umana di giustizia, che non è la sua, per fortuna degli uomini.
La Pasqua rafforza questa riscoperta. Lo slancio che porta a Dio e quello che porta al prossimo, sia come singolo che nelle strutture sociali che l’umanità ha creato, è lo stesso, come il Vangelo testimonia. La tentazione è da sempre quella di dividere le due cose, mentre l’impegno nell’una è la verifica della bontà dell’altro. “Facciamo risuscitare Gesù, il Vivente, dai sepolcri in cui lo abbiamo rinchiuso; liberiamolo dalle formalità in cui spesso lo abbiamo imprigionato; risvegliamoci dal sonno del quieto vivere in cui a volte lo abbiamo adagiato, perché non disturbi e non scomodi più – esorta Francesco -. Portiamolo nella vita di tutti i giorni: con gesti di pace in questo tempo segnato dagli orrori della guerra; con opere di riconciliazione nelle relazioni spezzate e di compassione verso chi è nel bisogno; con azioni di giustizia in mezzo alle disuguaglianze e di verità in mezzo alle menzogne”. E, soprattutto, con opere di amore e di fraternità.