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La vita di Ghadi, luce che neanche la morte può spegnere

La testimonianza racchiusa nella vita di Ghadi si fonda sulla centralità della condivisione che ci rende “fratelli tutti” e come insegna Papa Francesco nella sua enciclica sulla fraternità nessuno può davvero essere felice finché un fratello o una sorella soffrono. L’umanità è come un unico corpo e se il cuore o il cervello sono malati ne risente l’intero organismo. Aver avuto Ghadi tra noi è stato un segno radioso del Vangelo della condivisione e della fraternità. Ognuno di noi ha scritto in cielo il proprio inizio e la nostra fine del pellegrinaggio su questa terra, ad ognuno di noi viene affidata una missione da portare avanti a volte anche inconsapevolmente come penso lo sia stato per Ghadi.

Ghadi è un giovane libanese di 22 anni che mi fu presentato da Lucia, un bravissimo medico di strada missionaria in Libano. È arrivato come un fulmine nella mia vita così come in quella dei miei operatori e parrocchiani. Abbiamo tutti ricevuto il sorriso di questo ragazzo che aveva così tanta voglia di vivere e di lottare per la vita. È stato lacerato da un male terribile che da quel giorno di ritorno dalla palestra di due anni fa, non l’ha più lasciato in pace. Anni di grandi sofferenze, poi l’arrivo in Italia e la grande speranza di trovare una cura. Questi ultimi mesi sono stati intensi, trascorsi accanto a questo giovane così luminoso che ogni giorno ci ripeteva sempre il suo “grazie”, sempre sorridente, sempre gentile. Chiunque l’abbia avvicinato ha respirato la sua profondità e quella fede semplice e pura che gli permetteva di portare quella croce così pesante con una dignità mai vista prima.

Ghadi ha sciolto il cuore di tutti gli operatori sanitari così come ha saputo unire persone di ogni genere a compiere qualche gesto concreto per lui e verso tutti. Ha spinto tanta gente a pregare per lui così come i bambini della parrocchia e tutti coloro che lo hanno incontrato anche indirettamente per sentito dire. Ci ha insegnato tanto questo giocatore di basket che all’improvviso ha visto la sua vita stravolta e prendere la direzione del cielo. E lui il cielo l’ha portato in mezzo a noi con il suo sguardo e la sua tenerezza. Grande è stato l’esempio del rispetto e l’amore che ha avuto per la sua famiglia e ogni sua azione era protesa a non farli soffrire a causa della sua malattia.

È stato per tanti in questo periodo il nostro guerriero e un punto di riferimento per incontrare Gesù, il nostro Gesù crocifisso e in mezzo a noi. Ghadi ci ha fatto condividere il suo cammino sul Golgotha senza mai abbandonare il suo motto: “Sto bene grazie a Dio!”. A volte mi chiedevo dove trovava la forza di dire così quando ben conosceva la sua malattia, impossibile da dimenticare neanche per un istante perché così scolpita nel suo corpo trasfigurato. Ma lui amava così tanto la vita e non ha mai rinunciato a lottare per combattere quel mostro. Amava la sua famiglia ancor più di sé stesso, si era affezionato anche a noi. Abbiamo lottato insieme a lui per sconfiggere il nemico ma il Signore aveva un altro disegno. Abbiamo pregato tanto chiedendo al Signore la guarigione, un miracolo. E non ci aspettavamo che il miracolo fosse già avvenuto nel vedere la sua esistenza come un dono per tanti altri che saranno accolti in una casa che porterà il suo nome. La morte di ogni essere umano resta per chiunque un mistero e una ferita che solo nell’infinita misericordia divina possono trovare risposta e soluzione Ghadi continuerà a vivere nei piccoli libanesi che vorremmo accogliere in una casa famiglia a lui dedicata se la Provvidenza ci aprirà le porte.

La dignità insita nella condizione dei più fragili richiama l’importanza di condividere nel bene e nel male il nostro essere fratelli e proprio nella fraternità si esprime il senso di appartenenza al genere umano che mai può trovare compiuta realizzazione finché diseguaglianze e disparità impediscono una reale comunione di intenti e di prospettive. Come insegna la parabola dei talenti saremo giudicati dalla capacità di far fiorire i semi di generosità e bontà che solo superando egoismo ed emarginazione divengono autentica e dignitosa linfa vitale per tutti e ciascuno. L’albero si riconosce sempre dai frutti.

Sicuramente con Ghadi ci incontreremo per le vie del cielo! Sei passato in mezzo a noi come una meteora ed hai lasciato una luce stupenda. Grazie per averci insegnato ad amare.

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AUTORE

don Aldo Buonaiuto
don Aldo Buonaiuto
Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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