Era l’11 ottobre del 1962 quando, in un momento spontaneo e del tutto improvvisato, Giovanni XXIII pronunciò uno dei discorsi più commoventi della storia della Chiesa. In occasione della apertura del Concilio Vaticano II, dalla finestra del suo studio al terzo piano del palazzo Apostolico, di sera, con una luna che brillava su una piazza San Pietro percorsa dalle fiaccole che festeggiavano il primo giorno del Concilio, il “Papa Buono” disse parole indimenticabili: “Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: ‘Questa è la carezza del Papa’. Troverete qualche lacrima da asciugare. Fate qualcosa, dite una parola buona. Il Papa è con noi specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezza”.
Quelle parole mi sono tornate in mente quando ho letto la lettera che Papa Francesco ha mandato ad Alex Zanardi, l’ex campione di Formula 1 finito in coma dopo un brutto incidente con la sua handbike. Il Papa ha dedicato al campione che ha fatto della “disabilità – sono parole di Francesco – una lezione di umanità” una lettera che esprime grande vicinanza e sincero affetto. “La sua storia – ha scritto il Pontefice – è un esempio di come riuscire a ripartire dopo uno stop improvviso. Attraverso lo sport ha insegnato a vivere la vita da protagonista…. grazie per aver dato la forza a chi l’aveva perduta”. Le parole di Papa Francesco sono state una carezza per Zanardi e per tutti coloro che – come lui – vivono in una situazione di dolore, di sofferenza, di difficoltà.
E la risposta più bella a questa lettera, l’ha realizzata idealmente il figlio del campione in coma che ha postato sui social una foto della sua mano che stringe quella del padre sul letto d’ospedale: “Io questa mano non la lascio – ha scritto Niccolò – dai papà, anche oggi un piccolo passo avanti”. Queste immagini mi spingono a pensare che oggi più che mai abbiamo bisogno di carezze: dalle persone che ci amano, dai figli per i padri e dai padri per i figli. Soprattutto se, come scriveva Papa Roncalli, ci troviamo “nelle ore della tristezza e della amarezza”. Ed in questo periodo in cui un virus maligno ci ha reso più distanti, rendendo impossibile lo scambio di abbracci, carezze e strette di mano, guardiamo come esempi per tutti, coloro i quali carezze riescono a donarcele anche a distanza: come Giovanni XXIII quasi sessant’anni fa. O come Francesco, appena ieri.