Hanno uno stipendio medio di 1.300 euro, e qualcosa si può arrotondare con gli straordinari. Ecco gli emolumenti delle “divise” italiane, costrette a fare i conti con la rabbia di una popolazione che spesso non crede più nei Palazzi del potere e che vede in loro lo specchio dell’arroganza dei politici. Sulla strada però ci sono loro, e alla quotidiana lotta contro il crimine – con tutto ciò che comporta – si aggiunge lo scontro con la popolazione civile. Le forze dell’ordine sono nel mezzo, e nonostante tutto restano fedeli al proprio mandato, che è quello di servire lo Stato. Ma la pazienza è al limite della sopportazione: stipendi fermi al palo ormai da cinque anni, e oltre a questo c’è da fare i conti con gli scarsi mezzi a disposizione degli agenti. Così l’annuncio del blocco stipendiale per gli statali anche nel 2015 ha fatto salire sulle barricate l’intero comparto: poliziotti, finanzieri, vigili del fuoco e forestali sono sul piede di guerra. Non è un golpe, perché la fedeltà delle nostre forze di polizia è fuori discussione, ma certamente il segnale fortissimo di un malessere profondo.
“In questo momento di crisi – ha detto il ministro Madia – le risorse per sbloccare i contratti a tutti non ci sono. Anche nel 2015 le buste paga resteranno bloccate. In un momento di crisi guardiamo ai più bisognosi”. Ragionamento giusto in linea di principio; peccato che quegli stipendi siano fermi mentre il costo della vita sale, e con quelle cifre diventa impossibile andare avanti. Nemmeno più il posto fisso, dunque, è garanzia di serenità. E questo la dice lunga sullo stato economico dell’Italia, che mentre con fatica cerca di tenere a bada il rapporto tra Pil e deficit per restare all’interno dei parametri di Maastricht dall’altra vede il proprio debito pubblico aumentare esponenzialmente mese dopo mese.
Le tensioni sociali partono da questo, e stanno pericolosamente scivolando nel “tutti contro tutti”. In un momento come questo dove aumenta l’allarme terrorismo, e le forze dell’ordine dovrebbero essere concentrate a difendere il Paese, la politica le mortifica invece di valorizzarle.
La stessa rivendicazione salariale viene vista come un’esagerazione nel momento in cui avere un posto di lavoro rappresenta – agli occhi di molti – un privilegio. C’è un corto circuito per il quale lo Stato per sostenere i propri conti deve rivalersi sui cittadini, che a loro volta rappresentano lo Stato. Una situazione che non potrà durare così ancora per molto, e la minaccia di sciopero di chi tutela l’ordine pubblico rappresenta l’ultimo disperato grido d’allarme per la nostra classe politica.