La concezione, che oggi sembra prevalente, della libertà individuale vissuta quasi fosse assoluta, può esser descritta come un’interpretazione liberista o libertina: fare tutto ciò che desidero, che voglio E’ una comprensione della libertà che ne percepisce il momento iniziale; intesa però solo come libero arbitrio della indifferenza, il suo ideale sembra sia piuttosto una convivenza umana della irresponsabilità illimitata, che di fatto è la società dei più forti (dei più violenti). Un’altra interpretazione della libertà è quella liberale, che pone dei vincoli alla libertà dei singoli perché la libertà di tutti (o della maggioranza) possa esser salvata: ciascuno ha il diritto di vivere come gli pare e piace, si ripete, a patto che non dia fastidio al proprio vicino. Certamente questo ideale resta superiore rispetto al primo, esige una educazione del soggetto, un lavoro che questi deve compiere su di sé e direi anche una certa ascesi.
Sembra costituisca per la maggior parte dei giovani una mèta ragionevole, da preferire rispetto alla prima, nella misura in cui pare almeno possa assicurare una convivenza nella quale il livello dei conflitti resti il più basso possibile. Una interpretazione ultra-liberale della libertà? Una libertà liberante, una libertà positiva per amare. In quest’ultima il criterio valoriale supremo è la giustizia: non è lecito fare all’altro del male, per la stessa ragione per cui noi non vogliamo che il male sia fatto a noi. È un ideale educativo alto, capace di segnare con un carattere di umana dignità le azioni e le relazioni ad esso improntate. Di fronte all’altro non può trattarsi soltanto di non recargli danno; una percezione etica elementare non estranea alla giustizia ci mostra che si deve anche operare, con un impegno libero e consapevole, perché il bene oggettivo dell’altro possa essere promosso ed effettuato. La giustizia qui di fatto si è mutata, positivamente, in benevolenza; e la libertà risulta interpretata nel suo aspetto per cui può esser liberante. Le tre interpretazioni della libertà del soggetto implicano tre diverse forme o gradi di educazione; e discutere la tesi che quella rilevante, nella prospettiva di un’educazione autentica, propriamente sia solo la terza.
I giovani testimoniano, andando in qualche modo contro sé stessi, che la loro libertà è fragile: resta segnata da caratteristici limiti. Essi sono costretti, in qualche modo, a compiere le loro scelte, anche quelle che di più pesano per la loro esistenza, da soli: senza figure di adulti significative accanto. La libertà liberante e della benevolenza: perché l’educazione della persona significa originariamente divenir sensibile al bene dell’altro, attraverso il metodo della condivisione dei suoi bisogni. La libertà della persona viene educata facendo sì che il bene dell’altro diventi connaturale alla persona. La libertà educata è gestione di sé per il dono di sé, fatto all’altro. Questo grado della libertà conquistata originariamente è liberante per ogni persona che, coinvolta nella relazione educativa, si pone come soggetto o autore delle proprie azioni. Si tratta invero di un rapporto interpersonale, il cui esito può esser descritto come avvenimento personale; un processo di riconoscimento reciproco che porta una nascita comune, perché entrambi i soggetti coinvolti nella relazione educative sono chiamati a compiere degli atti eminentemente personali, atti intenzionali di libertà e di consapevolezza nuova, e creano legami nuovi, di parentela elettiva.