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Transizione ecologica ed economica non avvengano a discapito dei più poveri

Venerdì si chiuderanno i lavori della Cop 26 sul Clima di Glasgow. I lavori della Conferenza delle parti al momento vendono il solito bilancio in chiaro scuro, se da una parte accogliamo infatti l’accordo tra circa 40 Paesi per l’eliminazione graduale dell’uso dell’energia a carbone, dall’altra si registra la mancata sottoscrizione di questa intesa da parte di colossi del calibro di Australia, Cina, Usa e India, preoccupati per le ripercussioni sulle loro economie nazionali.

Soddisfazione è stata espressa anche per l’impego sottoscritto da 100 Paesi a invertire la deforestazione mondiale entro il 2030, strategia volta a proteggere l’Amazzonia e le foreste tropicali in Indonesia e nel bacino del Congo. Obiettivo principale di tutta la comunità internazionale è limitare il riscaldamento globale a 1,8 °C.

Il 90 percento degli Stati ha presentato i piani per arrivare alla cosiddetta neutralità carbonica ma l’assenza dalla Cop 26 del presidente cinese Xi Jinping pesa come un macigno. Pechino ha aumentato la produzione giornaliera di carbone e la Cina resta il principale produttore di gas serra per un totale del 28% di quelli emessi in tutta la terra.

Insomma per il momento il principale inquinatore del mondo non ha intenzione di impegnarsi nella sfida climatica facendo sempre leva sulla giustificazione che nelle precedenti ere industriali l’Occidente ha inquinato senza alcun limite. Ad ogni modo i negoziati continueranno fino a venerdì e i delegati delle diverse nazioni potrebbero riuscire ad ottenere ulteriori impegni per la riduzione delle emissioni.

Quello che però ci interessa far notare è l’importanza di rimettere al centro delle discussioni l’ecologia integrale indicata nel magistero della Chiesa e in particolare nell’Enciclica Laudato sì di Papa Francesco. Lo sviluppo sostenibile non può considerare infatti l’uomo un elemento marginale del creato, sacrificabile al fine di salvare il pianeta. Per coinvolgere tutti gli strati della popolazione nell’impegno per la salvaguardia della Terra bisogna che la transizione ecologica ed economica non avvengano a discapito dei più poveri.

Sviluppo sostenibile significa anche soppesare le ricadute immediate sulla popolazione e in particolare sulle fasce più fragili, altrimenti a pagare il conto diventeranno inevitabilmente tutte quelle famiglie che non hanno liquidi per installare pannelli solari sul proprio tetto, per coibentare la casa o per comprare alimenti e prodotti a basso impatto sull’ambiente. Portando un esempio concreto possiamo dire che ci sarà una vera svolta solo quando un’auto elettrica sarà accessibile a tutte le tasche e quando la cura del ferro porterà metropolitane e mobilità sostenibile anche nelle periferie più estreme. Questo non esula nessuno dallo sforzo ad assimilare di nuovi stili di consumo più compatibili ma è un processo che deve essere intrapreso senza traumi e senza lasciare nessuno indietro. La strada non è quella indicata da un ambientalismo ideologico che arriva persino ad auspicare un’ulteriore diminuzione delle nascite, diffondendo l’idea che non fare figli sia il primo passo per salvare il pianeta.

Le famiglie di tutto il mondo hanno bisogno di scaldarsi, cucinare, spostarsi, viaggiare e lavorare. Il tema dell’energia non può essere quindi disgiunto dai bisogni primari dell’uomo e la cosiddetta decrescita felice, la storia lo ha dimostrato, è solo la strada più veloce verso la povertà. Bisogna quindi trasformare gli sforzi tecnologici per la transizione in opportunità, tramite un sistema di incentivi che non sia parassitario e assistenzialistico ma che stimoli la crescita nella direzione della green economy che crea ogni anno nuovi posti di lavoro. 

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