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“Sulla tua Parola, getterò le reti”: una risposta che nasce da uno sguardo di fiducia

Ci siamo imbarcati nel cammino giubilare della speranza. Ora nella 5° domenica del tempo ordinario, l’evangelista Luca ci porta sulla riva del lago dove sono ormeggiate due barche, tornate da una pesca fallimentare. Come sempre in questo spazio di tempo e di luogo avvengono cose divine, perchè il Mistero è qui. Lui passa, vede, ha in mente un progetto. Prima parla alla folla sull’ambone che è la barca di Pietro. Chiede che le menti si aprano sulla sua Parola. Le partenze e le ripartenze passano sempre dall’ascolto. Dio non ti salva in anestesia! Poi il Signore subito ti coinvolge, non fa senza di te, senza di me, in una intesa che passa tra la sua proposta e la nostra fiducia. Chiede, non obbliga. E a Pietro chiede di rilanciare la pesca. Chiede di non sottrarsi alle prove dure della vita. Ma sulla tua Parola, getterò le reti, afferma sereno. Questa risposta, penso, ha generato tante vocazioni, lungo la storia cristiana, nate dall’ascolto, percepite da uno sguardo di fiducia. E la vita si raddoppia. Non può che essere così. “Io sono venuto – dirà un giorno – perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Chi di noi ha avuto in dono questa chiamata (anche gli sposi) ha sentito la libertà di uno sguardo coinvolgente e ha raccolto quel di più che è sempre il dono. E’ il gioco proprio dell’amore. Un giorno l’ho raccolto in questa poesia che immagina un dialogo.

Titolo: Nella folla mi cerchi. Nella folla mi cerchi Signore/ Il tuo sguardo mi scopre/La mia tristezza diventa la tua/ e si apre il mio cuore alla pace. / La mia miseria nelle tue mani/ La tua tenerezza mi avvolge. / La mia paura diventa la tua. / E rinasce in me la speranza. / La mia fame la senti anche tu. / E sento il tuo dono che sazia. / La mia angoscia diventa la tua. / E sento in me la tua pace. / Il mio peccato l’hai preso su te, / la rugiada del perdono io sento. / Soffro e il tuo sguardo mi prende. / La tua compassione mi avvolge. E Gesù risponde: Mi presti i tuoi occhi / per guardare chi piange? / Mi doni le tue mani / per chi si lascia andare? / Mi dai la tua speranza/ per chi vive delusioni? / Mi dai la tua mente/ per chi non pensa più? / Mi dai i tuoi passi/ incontro a chi fugge?   E la mia risposta: La tua compassione m’avvolge. / Vado io, Signore, con te.

Il futuro è indicato: pescatore di uomini, salvatore degli uomini dal travolgimento dei flutti. L’esperienza quotidiana ci dice che la vita è segnata dal peccato ed insidiata dalla morte, nonostante la sete di bontà che pulsa nel nostro cuore e il desiderio di vita che percorre le nostre membra. Per poco che siamo attenti a noi stessi ed agli scacchi a cui l’esistenza ci espone, noi scopriamo che tutto dentro di noi ci spinge oltre noi stessi, tutto ci invita a superare la tentazione della superficialità o della disperazione. E’ proprio allora che l’essere umano è chiamato a farsi discepolo di quell’Altro che infinitamente lo trascende, per entrare finalmente nella vita vera.

Il percorso di abbandono passa per forza nella percezione dell’indegnità e della distanza, del peccato. “Allontanati da me”. “Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini “(Romani 5,15).

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