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Una storia di odi e scompostezze da chiudere definitivamente

Berlusconi se n’è andato, ma non gli antiberlusconiani. Di solito quando muore qualcuno, i suoi amici ricordano tutto il bene che ha potuto fare, ed anzi di più, ed i nemici o avversari si astengono dai giudizi severi che avrebbero dato sino al giorno prima di perdere la vita. È il silenzio rispettoso che si riserva anche alle persone con cui si sono avute controversie. In tale modo si vuole applicata la legge non scritta: la morte esaurisce ogni controversia. L’esperienza avuta con l’estinto che non ci è piaciuta, magari la conserviamo nella memoria, ma non la esprimiamo in presenza della sua salma ancora calda. Il giudizio è affidato a Dio. Ed invece questa celebre consuetudine a cui ci si attiene nel mondo civile, nel caso di Berlusconi non si è rispettata, nonostante la grande maggioranza degli italiani si è mostrata commossa ed ha mostrato pietà per una persona che ha segnato un’epoca.

Sicuramente è stata proprio la commozione sincera registrata nel Paese, unitamente all’onore del funerale di Stato tributatogli, a spingerli oltre le righe. D’altronde i riconoscimenti formali ed informali avuti, stridono con le accuse di ogni genere fattegli da alcuni precisi ambienti, per trent’anni alimentate. In questo lungo lasso di tempo accuse e procedimenti giudiziari si sono inseguiti a vicenda in un accavallarsi di eventi che difficilmente si sono verificate in altre epoche in Italia ed all’estero per chicchessia. Va ricordato che l’imprenditore Berlusconi prima di decidere di scendere nel campo della politica, non era stato mai investito da alcun peso giudiziario, nonostante appartenesse alla categoria degli imprenditori dell’edilizia, che come si sa sono sempre stati nel mirino delle “Procure”. Anzi, passò indenne da “tangentopoli” pur essendo perlopiù impegnato a costruire inedite cittadelle in quel di Milano dove quasi tutti i suoi colleghi costruttori passarono dalle forche caudine dei giudici meneghini. Eppure appena riesce a vincere le elezioni nel lontano 1994 sconvolgendo ogni pronostico, Berlusconi assurse allo stato di perenne indagato fino al giorno della sua morte.

Memorabile fu l’avviso di garanzia consegnatogli nel 94, appena sei mesi dopo la sua nomina a presidente del Consiglio che gli chiedeva conto di una imprecisata vicenda che riguardava la Fininvest e le Pay tv, nel pieno di una riunione internazionale Onu che lo vedeva ospitante il gotha delle autorità internazionali. A molti di quei stranieri sembrò essere nella repubblica delle banane: in un paese civile e normale, anche quando ci sono carichi giudiziari pesanti, in considerazione non della persona, ma del ruolo che riveste di presidente del Consiglio, avrebbero aspettato qualche giorno dopo il summit dell’Onu di Napoli per le verifiche ritenute necessarie. Evidentemente si voleva proprio screditare il nuovo governante, nonostante le accuse eccessive, come si dimostrò in seguito.

Proprio in questi giorni l’ex Direttore del “Corriere” Mieli ha riferito retroscena di quella vicenda che non fanno onore ad alcuni gangli dello Stato ed al sistema dell’informazione nostrana. Ecco perché le polemiche di queste giornate sono state un pessimo modo per chiudere un’epoca che con la morte di Silvio Berlusconi si chiude. Un’epoca non proprio splendente per ogni parte politica. Più che avversari ci sono stati nemici, più che governanti molti sono stati gladiatori, più che responsabilità per il Paese abbiamo assistito a molte irresponsabilità. Silvio Berlusconi certamente si è mosso nel palcoscenico italiano tra luci ed ombre, ma non pare che gli altri siano stati dei raggi di sole. Punto ed a capo.

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