Editoriale

Il Sinodo come coscienza ecclesiale

Il Sinodo dei vescovi come crescita di coscienza ecclesiale sempre più consapevole,
dal Conclio Vaticano II ad oggi. E cioè la Chiesa quale comunità in cammino dialettico. Gli ultimi sinodi sono una testimonianza eloquente. Ma non vanno dimenticati i sinodi
continentali e poi quelli diocesani. I sinodi continentali hanno offerto orizzonti preziosi. E lo stile sinodale sta caratterizzando l’Ecclesia contemporanea. Il futuro è qui. E cioè una collegialità frutto del contributo di tutti, e tutti si sentono profondamente coinvolti nel sentirsi più Chiesa. Dai grandi raduni alle commissioni parrocchiali è tutto un fiorire di auto coinvolgimento a servizio del Regno. Insegna papa Francesco: “La sinodalità non è il capitolo di un trattato di ecclesiologia. E tanto meno una moda, uno slogan o il nuovo termine da usare o strumentalizzare nei nostri incontri. No! La sinodalità esprime la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione”. In tutto questo rinnovato orizzonte il Concilio è il costante punto di riferimento, ma sempre nell’ottica di tutta la tradizione della Chiesa. È vero che gli altri papi hanno partecipato al Concilio e Jorge Mario Bergoglio no, ma il modo con cui hanno cercato di guidare la Chiesa sulle vie del Concilio è decisamente sinfonico. Ognuno a modo proprio ha guidato la Chiesa in modo davvero unico e unitario. Francesco sta guidando e percorrendo la via della Chiesa con una sensibilità del Sud del mondo. La sinodalità come stella polare di un pontificato, quello di Jorge Mario Bergoglio, per il quale la modalità dell’attuazione di un itinerario caratterizza in modo decisivo lo stile di una fedeltà. L’essenziale è offrire un volto di Chiesa secondo
le attese e le aspettative di questo nostro tempo.

Credit: ALESSIA MASTROPIETRO

Spiega Francesco: “La parola ‘sinodo’ contiene tutto ciò che dobbiamo capire. ‘Camminare insieme’.  Camminare insieme – laici, pastori, vescovo di Roma – è un concetto facile da esprimere a parole, ma non così facile da mettere in pratica“. Il Papa sa parlare alla gente. Quel programma sulla predicazione e l’omelia che ha sottolineato nell’Evangelii Gaudium va preso molto sul serio. “Prima di Francesco la predicazione tra i tanti aspetti positivi ha lasciato un segno di pesantezza, e soprattutto all’insegna di un linguaggio che forse toccava la mente, ma non incideva nel cuore e raramente nella vita – osserva il teologo Manlio Sodi-. In coerenza con quanto auspicava il Concilio circa la liturgia, è proprio a partire da un’omelia ben fatta che si condensa e si recupera l’essenziale di tutta la celebrazione. Una celebrazione semplice ma bella, senza eccessivi orpelli che rendono il culto staccato dalla vita di ogni giorno. In questa linea, la predicazione di Francesco aiuta a mettere in diretto contatto il mistero con la vita attraverso la celebrazione. Dire che la misericordia è l’attuazione del Concilio, di fatto può apparire limitante. La misericordia è come il fil rouge che unisce ogni intervento ecclesiale”. Da quelli che appaiono strettamente teologici a quelli di più immediata attuazione pastorale, la declinazione della misericordia è costante.

Credit: LIVIO ANTICOLI

“Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, nella consapevolezza che ascoltare è più che sentire. È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare – evidenzia il Pontefice-.Questa strada racconta la storia in cui camminano insieme la Parola di Dio e le persone che a quella Parola rivolgono l’attenzione e la fede. La Parola di Dio cammina con noi!“. La pietà popolare è propedeutica all’esperienza sacramentale. Aver riscoperto il valore e il linguaggio dei sacramenti è stato il segreto per far comprende re e vivere in prima persona la misericordia. Permane ora, secondo Sodi, la sfida della sua declinazione nei tanti contesti della vita a livello personale e sociale, in una parola a livello mondiale. Il vero completamento è stato offerto dalle numerose forme di predicazione che ancora oggi rilanciano qualche interessante lezione di attualità. Una lezione che passa anche dagli stili di vita perché la forma è contenuto. “Siamo chiamati a servire non a servirci della Chiesa, Gesù è nato senzatetto: casa, terra e lavoro sono un diritto, i poveri sono creati dalla cupidigia e dall’egoismo, non si può parlare di povertà e vivere da
faraone”, è la lezione di Francesco.

Foto di Jae Park su Unsplash

“E’ vero che oggi si parla tanto di nuova evangelizzazione. Ma se si guarda alla storia e alla vita delle Chiese, sono tante le forme nuove di evangelizzazione che sono state attivate, soprattutto nel secondo millennio – sostiene Sodi-. Sia prima che dopo le grandi scoperte geografiche, il centro della vita delle Chiese è sempre stata l’evangelizzazione, con tutti gli adattamenti del caso. In un simile contesto è mancata solo la liturgia, che a motivo dei suoi linguaggi non riusciva ad essere, come lo è oggi, il primo e più costante luogo di evangelizzazione. Timidi tentativi di adattamento hanno cercato in qualche modo di supplire”.

Giacomo Galeazzi

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