Domenica sarà il Primo Maggio e nella mente di molti di noi riaffioreranno memorie storiche lontane e recenti che riconducono al significato più profondo della “festa dei lavoratori”. L’evento, che si festeggia nel mondo libero, ricorda le catene spezzate della dignità calpestata, di privazione diritti sociali e libertà dei lavoratori, superate con ribellioni e battaglie sociali per orari di lavoro e salari dignitosi, e catene delle dittature, quelle della sottomissione operate da regimi autoritari che hanno negato eguaglianza, fraternità e libertà; requisiti preziosissimi per il benessere di persone che vogliono vivere in autonomia sfruttando pienamente il genio di cui li ha dotati il Signore.
Commemora la naturale propensione dei lavoratori a costruire le basi per il progresso, quale viatico essenziale per la Pace. Questo primo maggio, sono sicuro, sarà animato da più emozioni, proprio per le esperienze eccezionali vissute nell’ultimo triennio che hanno messo a dura prova la salute di ognuno, la precarietà della condizione economica, e per il manifestarsi anche per i tempi attuali in Europa il volto di chi trama e agisce apertamente per sottomettere con la guerra di aggressione un popolo e un paese sovrano. Una situazione senza dubbio impegnativa e triste; ma anche capace di segnalarci i nostri errori passati che hanno facilitato il manifestarsi di situazioni che comunque sono sempre incombenti nella vita a cui siamo stati chiamati a dare risposte di soluzione con proporzionale potenza rapportata alle nostre debolezze e mancanze.
Ed allora nelle manifestazioni del Primo Maggio è bene che ci sia meno ritualità è più concretezza per dare ai lavoratori indicazioni in grado di districarsi al meglio dalla attuale confusione provocata dal sistema politico e dalla selva nera dei fake news dei social. Innanzitutto parlar chiaro per superare l’annoso tema dei salari fermi al palo da un decennio. Per ottenere questo indispensabile sacrosanto risultato per la sicurezza delle famiglie italiane, si necessita di realismo e verità. Infatti le imprese sono a pezzi per il Covid, ora per la guerra e prima ancora dalle ferite mai rimarginate (almeno in Italia) provocate dalla crisi finanziaria della fine del primo decennio di questo secolo, così come le famiglie più povere e spossate di prima. Per questa realtà non si possono costruire ipotesi che non portino rapidamente risultati in brevissimo tempo e capaci per la virtuosità della impostazione favorire certezze fondate sulla propria strutturalità.
Dunque il salario potrà crescere in un patto generale che lo veda aumentare proporzionalmente a redditualità, a competitività, e produttività della impresa che certamente potrà avvenire per larga parte dalle intenzioni dell’impresa, ma anche aiutata dalla efficienza di sistema e dalla collaborazione dei lavoratori. Un patto sociale costruito per il bene del paese può provocare il cambiamento. L’altra componente assolutamente indispensabile, riguarda le tasse sui salari che vanno grandemente sfoltite per il bene delle famiglie e della economia italiana. Buon Primo maggio a tutti.