Le foibe sono cavità nel terreno dell’Istria profonde centinaia di metri che, purtroppo, in due differenti ondate nel corso della Seconda guerra mondiale, ovvero nel 1943 e nel 1945, sono state utilizzate per farvi precipitare donne e uomini già morti oppure ancora vivi, in quanto erano ritenuti dei nemici. Questi ultimi, nella particolare zona di confine in oggetto, erano fascisti invisi ai partigiani comunisti titini, ma anche semplici italiani uccisi per il solo motivo di essere sentiti di una nazionalità straniera e occupante.
Gli esuli istriani, fiumani e dalmati non avrebbero voluto lasciare la loro terra, ma sono stati costretti. Si sono trovati improvvisamente senza un’identità e un luogo dove andare. Sono giunti in Italia in una fase storica complicata, in quanto era scoppiata la guerra fredda e molte questioni riguardanti i nostri confini e la città di Trieste erano ancora aperte. Tutto ciò rendeva necessario trovare un accordo, anche con la Jugoslavia di Tito e, di conseguenza, questi profughi, che erano la memoria storica dolorosa della violenza perpetrata proprio dai partigiani jugoslavi e, dunque, rappresentavano una spinta contro ogni compromesso. In molti casi c’è stato imbarazzo e fastidio nei loro confronti. Sono stati poco considerati e, in alcuni casi, emarginati ma, in realtà, bussavano alle porte dell’Italia per trovare accoglienza.
Il significato del “Giorno del Ricordo” deve essere appunto il ricordo di chi ha sofferto. Tutti coloro che hanno provato delle sofferenze hanno diritto alla memoria, al rispetto e alla considerazione per il loro vissuto. Dall’altra parte però, questa giornata, deve essere un’occasione di riconciliazione affinché queste violenze non si ripetano più. Soltanto la riconciliazione può essere la strada verso il futuro. In questo senso ricordo il bellissimo incontro che c’è stato tra il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il suo omologo sloveno Borut Pahor di fronte alle vittime dell’una e dell’altra parte. Il loro tenersi per mano ha alluso simbolicamente alla riconciliazione nella cornice dell’Europa. L’appartenenza ad una realtà sovranazionale come l’Unione Europea permette di relativizzare i confini e i conflitti che nascono dalle frontiere. In questo senso, la riconciliazione, è anche una prospettiva politica perché significa costruire una convivenza tra popoli diversi a vantaggio di tutti.