Nel “civilissimo” Occidente si verificano forme più silenziose e sofisticate di pregiudizio e opposizione verso i credenti e i simboli religiosi. Al cimitero di Pieve di Cento, in provincia di Bologna, si proporrebbe di oscurare le immagini sacre per permettere riti laici e di altre fedi, come se la croce fosse motivo di imbarazzo per una civiltà che proprio nel cristianesimo affonda le proprie radici. A Milano, invece, la diocesi è rimasta sola a gridare la propria contrarietà nel deserto di valori di una società secolarizzata e disorientata che cavalca l’ultima “moda”:
conservare in casa le ceneri dei defunti. Nell’Occidente confuso, smemorato e impaurito dalla propria storia, a invocare un riscatto etico era stato dieci anni fa Benedetto XVI: “Il fondamentalismo religioso e il laicismo sono forme speculari ed estreme di rifiuto del legittimo pluralismo e del principio di laicità”. Un allarme rimasto inascoltato.
E così oggi la libertà religiosa è sempre più a rischio nel mondo e a minacciarla non è solo il fondamentalismo che terrorizza e schiavizza, ma anche, in maniera più subdola e velenosa, quel certo laicismo aggressivo e intollerante che mette in pericolo l’educazione dei giovani, l’obiezione di coscienza e l’identità culturale dei popoli. Al Consiglio per i diritti umani di Ginevra, la Santa Sede ha recentemente denunciato “un’ideologia secolarista-radicale che nega i sentimenti religiosi dei cittadini”. Il filosofo austriaco Karl Popper attingeva alle proprie origini ebraiche il respiro millenario della lungimiranza biblica per criticare qualunque società “chiusa nei propri tabù magici a tutto svantaggio dell’autorità dell’intelligenza”. Ecco il punto. Infilare la testa nella sabbia, mentre attorno a noi, nelle nostre città, vengono calpestati secoli di fede e cultura, è l’esatto contrario di una condotta saggia. Un popolo che assiste inerme alla distruzione della propria coscienza popolare sembra non meritarla. Nascondere le croci di un cimitero o tenere urne cinerarie in salotto (quasi una neo-pagana riedizione del culto dei Lari) non denotano una società capace di rispettare le convinzioni più profonde dei suoi membri. Il vero oscurantismo è ormai quello di chi nega la dimensione pubblica della fede e intende confinarla alla sfera privata, intima, nascosta, come fosse una debolezza, un cedimento irrazionale da assecondare, quasi vergognandosene, lontano dallo sguardo collettivo e personale di un’umanità affrancata dal bisogno di sacro.
Ma le cose non stanno così. Una civiltà che tutela la libertà di religione e di credo si dimostra più forte e non di certo più debole. Solo chi è sicuro e orgoglioso della propria identità ha la credibilità per poter dialogare con chiunque. Il prerequisito su cui costruire un'autentica cultura dei diritti umani è la salvaguardia del proprio patrimonio valoriale e religioso. Per essere davvero espressione della persona e dell'insieme delle sue dimensioni costitutive, una società deve vivere ed organizzarsi in modo da favorirne l'apertura alla trascendenza. “Le leggi e le istituzioni di una società non possono essere configurate ignorando la dimensione
religiosa dei cittadini”, ha ammonito la Santa Sede all’Onu. E invece questo “atteggiamento riduttivo” emana come un fumo tossico anche dalle agenzie internazionali. “In nome dei diritti umani si cerca di instaurare moderne forme di colonizzazione ideologica”, ha denunciato il Papa di fronte ai diplomatici accreditati in Vaticano. All’opinione pubblica, anestetizzata da mass media plasmati dal “pensiero unico”, la fede viene sempre più spesso raffigurata come un retaggio antiquato di un’epoca tramontata. E, invece, la dimensione religiosa rischia di essere derubricata a sottocultura.
Nel silenzio del mainstream, si tende a deprivare la religione della sua funzione pubblica con il rischio di negare la libertà del credente. In realtà la religione rimane una dimensione essenziale della cultura. Seguendo la lezione del Concilio, la Chiesa non è e non intende essere un agente politico. Perciò lascia ai fedeli laici il compito e la responsabilità di agire in ambito politico per costruire un giusto ordine nella società. Spetta al
laicato cattolico, quindi, contrastare l’onda anomala di un vetusto laicismo, per la quale è razionalmente valido solo quanto è sperimentabile e calcolabile. I veri oscurantisti sono coloro che si affannano a cancellare i segni del sacro per confinare la fede nel dimenticatoio degli arnesi obsoleti. E’ una dimostrazione tangibile del vuoto valoriale di tanta parte, geografica ed esistenziale, della contemporaneità. Anche perché, come aveva genialmente intuito Honoré de Balzac, “una società di atei inventerebbe subito una religione”.