Editoriale

Separazione carriera magistrati: perchè dovrebbero sostenerla sia la destra sia la sinistra

Appena il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto di riforma costituzionale per la separazione delle carriere dei magistrati giudicanti e requirenti, ecco che fulminei si sono accesi i fuochi della contrapposizione. La destra esulta per la rivoluzione, la sinistra per l’involuzione. Si può solo sperare che questo tema non diventi un ennesimo focolaio di contrapposizione. La “questione” magistratura dura da molto tempo, soprattutto l’annosa responsabilità civile del magistrato. Nel lontano 1987, si tenne un referendum abrogativo che mirava a cancellare alcune norme del codice di procedura civile per consentire ai cittadini che si sentissero danneggiati per dolo o colpa grave del magistrato di essere risarciti da quest’ultimo e non dallo Stato per i danni causati con la sentenza sbagliata.

Ricordiamo che il voto favorevole a questa proposta ottenne un grandissimo favore degli elettori, ma clamorosamente non si applicò. L’anno successivo, il governo mise in atto uno strumento legislativo che riportò in capo allo Stato l’eventuale risarcimento, nullificando il volere popolare orientato a ottenere con l’accertata responsabilità dolosa del magistrato un meccanismo equo di deterrenza verso comportamenti dolosi. Un errore sotto ogni punto di vista che ha aperto da tempo una ferita grave sul tema della giustizia, alimentato fino ai giorni nostri. Queste ragioni e tantissime altre ad esse legate basterebbero a giustificare una riforma della giustizia.

Chi ha buon senso dovrebbe comprendere che il potere terzo della giustizia, per poter disporre di indipendenza, non tollera neanche il minimo errore che possa inficiare la sua natura rispetto alla disposizione costituzionale. Dunque, il fatto che si separi la carriera dei giudicanti dai requirenti dovrebbe essere sostenuto da tutti. Non a caso, il miglior servitore dello Stato, Giovanni Falcone, aveva assai caldeggiato il provvedimento prima che venisse ucciso dalla mafia. Ed infatti, la proposta del Ministro Carlo Nordio si limita a disciplinare nell’ordinamento giudiziario le carriere distinte, con concorsi distinti. Il tema che i nuovi organismi per l’esercizio disciplinare non siano coincidenti, e che i membri di tali organismi debbano essere sorteggiati tra soggetti del sistema giudiziario estratti a sorte, smentisce ogni dubbio sulla permeabilità del sistema.

Raffaele Bonanni

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