Senza partecipazione democratica non c’è autentica libertà

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Alla Settimana Sociale di Trieste Papa Francesco ha ricordato che in Italia l’ordinamento democratico è maturato dopo la seconda guerra mondiale grazie anche al contributo determinante dei cattolici. “Si può essere fieri di questa storia, sulla quale ha inciso pure l’esperienza delle Settimane Sociali; e, senza mitizzare il passato, bisogna trarne insegnamento per assumere la responsabilità di costruire qualcosa di buono nel nostro tempo”, afferma il Pontefice.

Questo atteggiamento si ritrova nella Nota pastorale con cui nel 1988 la Cei ha ripristinato le Settimane Sociali. Il Papa cita le finalità: “Dare senso all’impegno di tutti per la trasformazione della società. Dare attenzione alla gente che resta fuori o ai margini dei processi e dei meccanismi economici vincenti. Dare spazio alla solidarietà sociale in tutte le sue forme. Dare sostegno al ritorno di un’etica sollecita del bene comune. Dare significato allo sviluppo del Paese, inteso come globale miglioramento della qualità della vita, della convivenza collettiva, della partecipazione democratica, dell’autentica libertà”. I cattolici oggi non devono pensare con timore al vecchio collateralismo alla Democrazia cristiana perché questa non esiste più. Se una simile condizione storica consente alle varie associazioni e aggregazioni, come anche a movimenti sociali cattolici o di ispirazione cristiana, una maggior autonomia questo non significa, però, il venir meno del discernimento, per non vivere nuovi collateralismi che fanno perdere, tra l’altro, il riferimento alla propria ispirazione cristiana.

La visione radicata nella Dottrina Sociale della Chiesa abbraccia alcune dimensioni dell’impegno cristiano e una lettura evangelica dei fenomeni sociali che non valgono soltanto per il contesto italiano, ma rappresentano un monito per l’intera società umana e per il cammino di tutti i popoli. La crisi della democrazia, secondo Jorge Mario Bergoglio, è paragonabile a un cuore ferito. “Ciò che limita la partecipazione è sotto i nostri occhi – avverte il Pontefice -. Se la corruzione e l’illegalità mostrano un cuore ‘infartuato’, devono preoccupare anche le diverse forme di esclusione sociale. Ogni volta che qualcuno è emarginato, tutto il corpo sociale soffre. Le ideologie sono seduttrici. Qualcuno le comparava a quello che a Hamelin suonava con il flauto; seducono, ma ti portano a annegarti”.

I cattolici sono chiamati a dare il loro apporto peculiare in vista della rigenerazione della democrazia odierna, sia a livello nazionale sia a livello europeo, mondiale. L’apporto dei cattolici, però, appare oggi condizionato negativamente da più fattori che ne limitano l’efficacia. Tra le cause che lo indeboliscono vanno senz’altro annoverate, come in parte già accennato: una crescente separazione tra fede – fonte di un nuovo pensiero, di una nuova cultura e di un umanesimo trascendente – e vita, che provoca una pericolosa frammentazione identitaria, tale da non consentire di partecipare al dialogo pubblico alla pari con altri soggetti che, al contrario, non hanno timore di promuovere la propria identità.

Al contrario la cultura dello scarto disegna una città dove non c’è posto per i poveri, i nascituri, le persone fragili, i malati, i bambini, le donne, i giovani, i vecchi. Aldo Moro diceva che “uno Stato non è veramente democratico se non è al servizio dell’uomo, se non ha come fine supremo la dignità, la libertà, l’autonomia della persona umana, se non è rispettoso di quelle formazioni sociali nelle quali la persona umana liberamente si svolge e nelle quali essa integra la propria personalità”.