È incredibile come i sensi giochino un ruolo così importante nelle vicende che riguardano il Signore Gesù dopo la Risurrezione. Essi, insieme alla fede, sono i punti chiave negli incontri con Lui, addirittura i sensi dialogano con la fede in modo sorprendente e su più livelli. È una constatazione molto importante per la nostra vita cristiana, ma, soprattutto, per il nostro rapporto col Signore Gesù. La contemplazione profonda della Risurrezione può e deve essere una costante ispirazione per la nostra spiritualità. Porta alla luce ciò che i mistici descrivevano e affermavano in modo molto sublime: il coinvolgimento di tutto il nostro corpo nell’esperienza di fede, che spesso esprimevano parlando di sensi spirituali.
Il Vangelo di questa domenica è carico di emozioni umane configurate intorno a esperienze sensoriali. In primo luogo abbiamo la paura e l’esperienza di uno spazio di confinamento – una sorta di contrazione e blocco esistenziale. Poi l’apparizione a sorpresa di Gesù, che da un lato augura la pace – sicuramente come antidoto alla paura – e dall’altro estende l’esperienza di un incontro visivo con Lui: mostra le mani e il costato – in modo così spontaneo, non chiesto, non sollecitato. Potremmo pensare che avesse paura di essere riconosciuto? Lui, così schivo e riservato, ora diviene così manifesto?
Attraverso questa dimostrazione, si attiva un’altra capacità umana, anch’essa molto legata ai sensi: la memoria. Il Signore Gesù fa riferimento alle ferite inflittegli sulla croce. Lo fa presumibilmente sapendo che i discepoli – sebbene distratti – sapevano comunque, e forse avevano anche visto, ciò che gli era accaduto. Per loro è stato indubbiamente uno shock sensoriale unito, come di solito accade, ad un’esplosione emotiva. La manifestazione delle ferite sul corpo risorto di Cristo diventa parte integrante non solo del messaggio di pace, ma anche dell’invio dei discepoli come missionari nel mondo. Ed è qui che di nuovo entra in gioco l’elemento sensoriale – il respiro (vento, ruah) – uno degli attributi dello Spirito Santo, che viene menzionato subito dopo. Si noti, tuttavia, che questo invio è diretto al cuore stesso della miseria umana: la realtà del peccato, che è una deformazione dei sensi dell’emozione e della memoria e una privazione della loro originaria configurazione divina, che viene riportata al proprio stato originario dalla risurrezione
Gli antichi maestri di spiritualità (soprattutto i Padri del deserto) individuavano la fonte dei peccati proprio nel disordine dei sensi! Il loro ideale era di non soccombere agli stimoli esterni dei sensi pur raggiungendo l’apateia: aprirsi pienamente all’azione di Dio, che trascende i sensi. Notiamo che la lezione del Signore Gesù nel Vangelo di oggi va in questa direzione, anche se con una correzione: non nega le esperienze sensoriali. Dissipa i dubbi di Tommaso attraverso il consenso al compimento di un’azione concreta (“tocca le ferite, metti la mano nel costato”). Tuttavia, non sappiamo se Tommaso abbia realmente compiuto questa azione (cosa che, del resto, molti pittori suggeriscono!). Ci arriva solamente la sua confessione di fede (“Mio Signore e mio Dio!”) e poi, la significativa lode del Signore Gesù – o, più precisamente, la benedizione per coloro che “non hanno visto e hanno creduto”. Quindi di cosa si tratta, di pura fede?
Non proprio. Gli apostoli hanno visto. Potevano toccare. Come scrive San Giovanni, “testimoniarono ciò che hanno udito, ciò che hanno veduto con i loro occhi e ciò che hanno contemplato e che le loro mani hanno toccato” (1 Giov. 1, 1). E sono i testimoni e i loro successori che vengono inviati a noi che non abbiamo visto e quindi rimaniamo forse imprigionati nei peccati del dubbio o dei sensi vaganti. La loro testimonianza, la loro missione, è quella di guarirci, di liberarci, di purificare i nostri sensi – di sincronizzarci con la fede, di sintonizzarci con la memoria, affinché la Risurrezione del Signore Gesù diventi pienamente nostra – non solo come testimoni ma, in definitiva, come partecipi, quando i nostri sensi, trasfigurati in Lui, ci permetteranno di conoscerlo pienamente così com’è, gustando in abbondanza i frutti della fede. Ecco il senso vero e il più profondo della domenica di oggi, detta anche la Festa della Misericordia!