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Il senso profondo dell’omelia di mons. Delpini al funerale di Berlusconi

Milano 14/06/2023 - funerali Silvio Berlusconi / foto Image nella foto: funerali Silvio Berlusconi

Un’omelia breve, quella dell’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, ma destinata a fare rumore a lungo, tanta è stata la sua intensità e profondità. Perché il monsignore del capoluogo lombardo ha parlato del desiderio di vita, di amore, di gioia, tra le feste e gli amici, quale tragitto umano di Silvio Berlusconi, che ora “trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento”. Un passaggio, quello di Delpini, che spiazza tutti per la sua apparente semplicità. Apparente, appunto, perché leggendo tra le righe c’è invece tutta la vita del Cavaliere che in questo momento, dopo i successi e la popolarità, è come gli altri soloun uomo e ora incontra Dio”.

Il vescovo di Milano, a sorpresa, non cita le Scritture e neanche ripercorre la vita, o ricordi e aneddoti della persona, come quasi sempre si fa nei funerali. Cita invece l’uomo politico che “ha sostenitori e oppositori”. Parla dell’uomo d’affari che “deve fare affari”, “guarda ai numeri e non ai criteri”. Delpini parla infine del “personaggio” che “è sempre in scena. Ha ammiratori e detrattori. Ha chi lo applaude e chi lo detesta”. È una predica laica quella di Delpini, a voler essere onesti. Anzi, non è neanche una predica perché, con delicatezza, non giudica, non fa la morale, non esalta né critica, ma semplicemente (e cristianamente) indica che, ad un certo punto, per chi crede, resta solo l’incontro con Dio e il suo giudizio. C’è, nel racconto di monsignor Delpini, tutta la pienezza di vita che in Berlusconi era davvero traboccante, “le feste” o “il gesto simpatico”. Pensiamo solo alle barzellette con le quali il Cavaliere non risparmiava neanche i Papi o i Santi, e neanche se stesso. Ma poi, alla fine della vita, si può sperimentare – sottolinea l’arcivescovo di Milano – che “la gioia è precaria”. La predica di Delpini, inevitabilmente, divide. Alla fine, nel Duomo di Milano, in molti applaudono alle parole del presule.

Ma c’è anche chi non l’ha apprezzata per niente. “La Chiesa riscatta l’abiezione del moralismo piccolo piccolo”, commenta Giuliano Ferrara. Il direttore storico de Il Foglio parla di “un gigantesco Delpini” che ha offerto “un saggio di vita, di fede, di anti moralismo”. “Povero Papa Francesco, è questa la Chiesa italiana che si ritrova“, sottolinea invece Stefano Sodaro, docente di diritto canonico e osservatore delle dinamiche interne della Chiesa italiana. Per il governatore della Liguria Giovanni Toti le parole di Delpini hanno ricordato “la caducità della vita”, mentre per Daniele Capezzone la predica è stata costruita “in modo furbo perché suscettibile di interpretazioni opposte”. E poi la voce della rete: “deludente”, “un’omelia gesuitica”, “ha fatto come Ponzio Pilato”. Dall’altra parte c’è invece chi premia il vescovo a pieni voti: “Oltre la vuotezza dei commenti politici, si sono ascoltate in chiesa – twitta Lucio Brunelli, ex vaticanista Rai e ex direttore della tv della Cei – le parole più vere sulla vita e la morte di Silvio Berlusconi“. Al netto delle opposte fazioni, difficili da assecondare su un terreno di scontro così delicato, quello di Delpini è stato un intervento alto e solenne, da leggere con attenzione, senza cedere alla passionalità del momento o alla deriva laicista. Perché sarebbe un grave errore per tutti. Delpini, più che tracciare una strada, indica un percorso, da buon pastore.

Enrico Paoli: