Al cuore dell’estate, il 15 agosto, la Chiesa celebra la festa solenne della Assunzione di Maria. Mi ha sempre colpito questa sovrapposizione tra l’Assunta e il Ferragosto, tanto celebrato da giornali e operatori turistici; una sovrapposizione e un contrasto – singolare, ma opportuno -, tra il rumore, la gioia e la confusione del Ferragosto, e il silenzio del mistero, che lega insieme -misteriosamente, appunto – la morte e la speranza.
Perchè questo è il senso del dogma della Assunzione di Maria, promulgato il 1° novembre (festa di Tutti i Santi!) del 1950 da Pio XII: nel momento della morte, Maria non conobbe la corruzione del sepolcro, ma fu assunta in cielo in corpo e anima. La guerra era finita da pochi anni, e la contemplazione del volto luminoso di Maria aiutò i cristiani a ritrovare speranza. A intuire che l’uomo non è “una passione inutile”, e che la sua dignità di figlio amato traluce in Maria, la prima redenta. Perchè la morte non è l’ultima parola sulla vita dell’uomo! E credo che nel mondo post-pandemia (tentato dalle sirene del post-umanesimo) ci sarà bisogno di ritrovare la speranza che ci viene consegnata nell mistero di Maria; perché se “il Paradiso è un abbraccio” (Papa Francesco) e Maria è abbracciata da Dio già nell’attimo della sua morte, allora possiamo davvero sperare che nulla della nostra vita andrà perduto, “nessun frammento di bontà e di bellezza, nessun sacrificio per quanto nascosto e ignorato, nessuna lacrima e nessuna amicizia” (Michele Do).
A credere nella verità espressa dal dogma, i cristiani sono arrivati partendo da una constatazione: a proposito della morte di Maria non abbiamo alcuna memoria. Quando, nei decenni e poi nei secoli successivi alla Pasqua di Gesù, i cristiani cominciarono a pregare Maria e a sceglierla, in qualche modo, come “Madre spirituale”, apparve sorprendente che sulla terra non si trovasse traccia della sua tomba. E cominciò a maturare l’intuizione di fede: la Madre del Figlio, la Tutta Pura, è assunta nella luce di Dio. E venne spontaneo riconoscere Maria nell’immagine dell’Apocalisse, che narra della “donna vestita di sole”
I cristiani d’Oriente credono la stessa verità parlando della Dormizione di Maria. E’ un linguaggio che mi affascina e mi è caro, perché la mia amicizia con Maria ormai da molti anni è nutrita anche da una piccola icona bizantina anteriore all’XI secolo -ne ho davanti agli occhi una riproduzione, mentre sto scrivendo- venerata dal 1557 nel Santuario mariano di Montallegro, a Rapallo: la Trinità, assieme agli angeli e ai dodici apostoli, accoglie Maria che sale al cielo nel momento della morte; prevalgono i colori caldi della vita: il rosso e il bruno chiaro. E’ molto bella!
Ma voglio chiudere, perché su Maria non si devono dire troppe, insipienti parole. E perché le due espressioni complementari -assunzione e dormizione- rimandano all’unica, grande questione con la quale ciascuno di noi a che fare ogni giorno: “la speranza di non morire” (è il titolo di un bel libro di Luigi Accattoli). Siamo mortali, ma aspettiamo “la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”. E Maria ci precede, come primizia. E ci ricorda che la riuscita finale della nostra vita “è affidata all’opera sorprendente di Dio. In tal senso essa fu assunta in cielo. E il suo destino è promesso a tutti noi” (Angelini). Anche Ferragosto è un giorno buono per ricordarlo…