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A chi è scomoda e perché è contestata la cattolica Barrett

Giurista tra le più apprezzate degli Stati Uniti, cattolica praticante impegnata in gruppi di preghiera, pro-life e anti-abortista, felicemente sposata e madre di sette figli di cui due adottati ad Haiti e uno disabile. Se a tutto questo aggiungiamo che ha una bellissima presenza e che è la più giovane donna (48 anni) a ricoprire il prestigioso incarico di giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti capiamo perché la nomina di Coney Barrett a membro del più alto organismo giudiziario americano abbia mandato su tutte le furie gli ambienti dell’ultra-progressismo radicale.

Il presidente Trump ha chiamato Coney Barrett a sostituire Ruth Bader Ginsburg, morta il 18 settembre 2020, paladina di tante battaglie femministe e dei diritti delle donne ma che considerava l’aborto un elemento centrale per l’uguaglianza sessuale. Con questa nomina, che dovrà essere confermata in Senato, alla Corte Suprema i conservatori saranno 6 a 3, un nuovo equilibrio che inciderà sicuramente nel merito dei giudizi sulle questioni etiche relative a vita, famiglia e libertà educativa.

Intanto sulla Barrett si è riversata tutta la retorica dei “liberal” americani che l’hanno dipinta come una “fondamentalista cristiana”, alcuni attacchi sconclusionati hanno persino sostenuto che la giudice abbia adottato due bambini afroamericani per non ricevere accuse di razzismo. Eppure tra il coro di critiche e proteste emergono anche i giudizi di tanti osservatori, che vedono nella Barrett la possibilità di un cambio di paradigma nella narrazione femminista e dei diritti delle donne, che sta già riconsiderano la maternità e il suo valore sociale. Un dibattito che si è fatto strada in tutto il mondo Occidentale e che vede molte femministe invocare una parità che valorizzi le prerogative femminili e il primato delle donne sulla vita e la procreazione – anziché proporre la sua negazione – come ha recentemente ricordato dalle pagine del Corriere la psicologa e attivista Silvia Vegetti Finzi.

La Barrett scardina infatti tutti i cliché che mettono in contrapposizione la maternità, l’apertura alla vita, la solidità del matrimonio in contrapposizione con la realizzazione professionale e l’impegno per il bene comune. Stereotipi secondo i quali una donna che sceglie di prendersi cura della famiglia non ambirà mai a posizioni di vertice e non sarà mai realmente emancipata. Persino il presidente francese Macron, con malcelata prosopopea, disse in un dibattito pubblico di non conoscere “donna che abbia deciso, essendo perfettamente istruita, di avere sette o otto figli”.

La cattolica Barrett dimostra invece che è possibile e che la famiglia e figli possono persino aiutare le carriere. Non a caso lo scorso anno la giudice ha espresso gratitudine anche ai suoi primi datori di lavori che le hanno concesso la flessibilità necessaria per conciliare lavoro e vita privata. Il nuovo femminismo richiama quindi ad una responsabilità collettiva della società nei confronti delle madri e mette in luce le contraddizioni di una finta libertà che riduce la genitorialità ad un mero atto privato e foriero di discriminazioni nel mondo del lavoro.

Dunque la Barrett può davvero alimentare una sana alleanza tra uomini e donne nel segno di una vera antropologia per il bene comune e di una pacificazione nazionale, per questo motivo nel suo discorso di accettazione della nomina ha omaggiato la giudice Ruth Bader Ginsburg, ricordando che “la sua carriera in un periodo in cui le donne non erano le benvenute nella professione legale ha infranto le limitazioni imposte dalla società”.  Il nuovo membro della corte suprema ha evitato quindi inutili spunti di contrapposizione preferendo mettere in risalto l’amicizia tra la progressista Ginsburg con il giudice conservatore Antonin Scalia: “Questi due grandi americani hanno dimostrato che le discussioni, anche su questioni di grande importanza, non devono distruggere l’affetto. Sia nelle mie relazioni personali che in quelle professionali, mi sforzo di soddisfare questo standard”.

Vale la pena riportare anche i passaggi sulla sua famiglia in cui ha messo l’accento sul sostegno del marito e sul fatto che i figli sono la sua gioia più grande, anche se la privano “di ogni ragionevole quantità di sonno”. Nelle semplici parole di questa giurista da oggi si possono riconoscere milioni di donne e uomini dei nostri tempi e che auspicano una legislazione fondata sulla reciproca concorrenza al benessere della società e alla cura della famiglia.

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