Gesù nasce nella povertà del mondo, perché per Lui e la sua famiglia non c’è posto in albergo. Trova riparo e sostegno in una stalla ed è deposto in una mangiatoia per animali. Eppure dalla marginalità e della fragilità si sprigiona la luce della gloria di Dio. A partire da qui inizia la via della vera liberazione e del riscatto perenne.
Oggi è il primo Natale di guerra in Europa dalla fine del secondo conflitto mondiale. Sotto i bombardamenti accogliamo Gesù nella capanna globale dello scenario bellico “a pezzi” descritto da Francesco. Già sei decenni fa, in piena guerra fredda, fu un Pontefice a infrangere la cortina di indifferenza e ostilità alimentata dal conflitto Est-Ovest. Lo fece con due gesti di evangelica limpidezza. Per placare l’inimicizia interiore, infatti, san Giovanni XXIII andò a trascorrere il suo primo Natale con i carcerati di Regina Coeli. Fu una delle prime visite del papa fuori del Vaticano trasmessa in televisione. Papa Roncalli sorprese i carcerati raccontando che aveva familiarità con le carceri perché suo zio cacciava di frodo e ci era finito. Lui da bambino lo era andato a trovare. Poi nel radiomessaggio al mondo richiamò il senso di condivisione della Natività esortando l’umanità alla misericordia.
L’umana libertà dell’uomo, infatti, deve corrispondere alla chiamata di Dio. E, disse profeticamente, “se ciò non avviene costituisce un pericolo per i singoli e per i popoli”. Sulle orme del predecessore da lui canonizzato, Francesco ha trasformato il suo primo Natale nella basilica di San Pietro in una testimonianza-monito a deporre l’odio che arma la mano di Caino. “La vita va affrontata con bontà, con mansuetudine – ha raccomandato Jorge Mario Bergoglio -. Quanto bisogno di tenerezza ha oggi il mondo! La risposta del cristiano non può essere diversa da quella che Dio dà alla piccolezza umana”. Parole semplici, profonde, in controtendenza rispetto al pensiero corrente.
Ecco il significato che deve assumere per la società attuale il messaggio della venuta di Gesù tra gli uomini. Al centro ci sono la gioia e letizia di cui è intriso il mistero natalizio. Non c’è spazio per l’indifferenza che domina nel cuore di chi non riesce a voler bene perché ha paura di perdere qualcosa. Va scacciata ogni tristezza perché il bambino Gesù è il vero consolatore del cuore. Quella cristiana è una visione di misericordia e tenerezza. “Dio è innamorato degli esseri umani – insegna papa Francesco -. Si fa piccolo per aiutarli a rispondere al suo amore”.
Eppure sono innumerevoli le tragedie che segnano il mondo odierno. Le decine di conflitti in corso (dall’Ucraina allo Yemen, dal Myanmar al Corno d’Africa). Le violenze terroristiche perpetrate persino in nome delle religioni. Perciò l’appello alla pace e alla riconciliazione non può non venire nella solennità del Natale. La “giusta battaglia” alla quale associarsi è quella contro l’indifferenza, nel riconoscimento dell’intrinseco legame che accomuna tutti i popoli della terra. La strada è tracciata nell’enciclica Laudato si’: “L’unità è superiore al conflitto”. L’avversione verso il prossimo e quella verso il Creato rappresentano due aspetti della medesima realtà. L’autentica attenzione alla famiglia umana non può scindersi dalla sollecitudine verso la casa comune e il suo stato di salute.
Il pericolo incombente è rappresentato dall’atteggiamento dell’indifferente, di chi chiude il cuore per non prendere in considerazione gli altri, di chi serra gli occhi per non vedere ciò che lo circonda o si scansa per non essere toccato dai problemi altrui. Una distruttiva attitudine personale che assume dimensione globale attraverso il fenomeno della globalizzazione dell’indifferenza. Nel promuovere una cultura di solidarietà e misericordia Francesco parte dalle famiglie, chiamate ad una missione educativa primaria ed imprescindibile.
Il Natale è tradizionalmente la festa delle famiglie e tra le mura domestiche troviamo il primo luogo in cui si vivono e si trasmettono proprio i valori dell’amore e della fraternità, della convivenza e della condivisione, dell’attenzione e della cura dell’altro. Il mondo è attraversato da crisi devastanti. E’ segnato da disparità insostenibili. Ebbro di lussi, consumi, narcisismi. Ebbene l’arrivo di Gesù richiama a comportamenti sobri, a saper vivere quel che conta davvero, a lasciarsi alle spalle il tornaconto del “particulare”. Un sentiero di pietà, comprensione, perdono. Quindi è Natale, come diceva Madre Teresa, “ogni volta che rimani in silenzio per ascoltare l’altro”.