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La road map del governo che fa insorgere le opposizioni

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Se si tratti di un cambio di passo nella linea di condotta del governo Draghi è presto per dirlo. Di sicuro c’è da registrare un momento di estrema attenzione. I testi “blindati” e la raffica di voti di fiducia in Parlamento non sono certo un dettaglio di poco conto. Certo, è pure che il governo sta spingendo sull’acceleratore per incassare il via libera alle nuove norme sul Green pass e, soprattutto, per mettere in sicurezza le riforme del processo penale e del processo civile, legate alle risorse previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ma tanta fretta può sembrare sospetta.

E così, nel giro di tre giorni Camera e Senato saranno impegnati in un tour de force per votare cinque diverse fiducie: una già archiviata nel pomeriggio di ieri (martedì 21) a Montecitorio (413 i sì), sul secondo decreto relativo all’estensione dell’obbligo della certificazione verde nelle scuole e per i trasporti a lunga percorrenza, nel quale sono confluite anche le norme del terzo decreto (quelle che hanno esteso l’obbligo a chiunque entri nelle strutture scolastiche e nelle università, introducendo anche l’obbligo vaccinale per tutti i lavoratori delle Rsa). In serata il Senato ha votato la fiducia posta sulla riforma del processo civile.

Oggi l’Aula di palazzo Madama – come già avvenuto nel primo passaggio alla Camera – voterà due diverse fiducie sulla riforma del processo penale (la prima sulle norme direttamente operative, la seconda sulla delega al governo) e giovedì mattina si svolgerà il voto definitivo. Quindi, toccherà al secondo decreto Green pass, sul quale il Senato darà l’ok finale sempre con voto di fiducia.

Una road map, quella messa a punto dal governo, che fa insorgere le opposizioni. FdI parla senza mezzi termini di situazione “totalmente inaccettabile”, scandisce il capogruppo a palazzo Madama Luca Ciriani. “Ormai siamo alla fiducia generalizzata costante, sempre, sui decreti, sui ddl delega, ovunque. Se poi il Parlamento chiede di poter discutere e i tempi non ci sono perché il governo mette fretta, o se i senatori hanno l’ardire di presentare degli emendamenti, le commissioni vengono convocate all’una di notte e alle cinque di mattina per stroncare ogni possibilità di discussione. Meglio chiuderlo il Senato a questo punto…”, chiosa.

Durissima Giorgia Meloni: “Il Parlamento è mortificato. Una deriva davvero preoccupante per la nostra democrazia”, osserva. “Siamo in un monocameralismo di fatto”, osservano nel più stretto anonimato diversi big della maggioranza. Possibile, ma non del tutto condivisibile.

Mario Draghi vuole portare il paese fuori dalla palude e per questa ragione ha scelto un percorso difficile, politicamente blindato, ma ad alto tasso polemico. Saranno i conti finali a dire chi ha ragione. Un fato però non può non essere sottolineato. La maggioranza è stata compatta compresa la Lega: le assenze nelle file del Carroccio che qualcuno paventava non ci sono state e alla fine il 60% dei deputati hanno partecipato alla votazione. Il Pd è stato il gruppo con la presenza più massiccia: hanno votato 86 deputati rispetto ai 93 che compongono l’intero gruppo a Montecitorio. E questo pallottoliere potrebbe spiegare molte cose.

Enrico Paoli: