Tutti nutriamo dei sentimenti riferiti alla mamma. La vita ci porta a vivere varie situazioni, non sempre facili e positive. Ma, senz’altro, il primo approccio umano che abbiamo col mondo è il rapporto con la mamma. È un rapporto importantissimo e molto delicato. Per alcuni può essere la ferita che segna la loro esistenza, per altri un ideale che vorremo ritrovare in tutti gli altri rapporti nel corso della vita, spesso senza riuscirci.
Solitamente questo rapporto è tuttavia positivo. La figura della mamma rimane un valore da apprezzare e proteggere sempre nel cuore e nella memoria. Lei ci ha introdotto in tutti gli ambienti essenziali della vita. Naturalmente secondo le sue conoscenze e possibilità, certamente mettendo tutto il suo cuore per trasmetterci tutto il suo sentire. Nonostante le cose evolvano poi diversamente, nei primi anni della nostra esistenza ognuno di noi viene plasmato da questi primi, essenziali sforzi educativi e formativi della mamma.
Un poeta polacco (Gałczyński) lo ho espresso con parole semplici:
“Lei come prima mi ha mostrato la luna e la prima neve sugli abeti rossi, e la prima pioggia. Ero a quel tempo piccolo come una conchiglia e il vestito nero di mia madre ronzava come il Mar Nero”.
I primi momenti dai quali piano piano emerge la nostra personalità e coscienza li dobbiamo sopratutto alla mamma. Sono quelli i più decisivi, i più puri. Più avanziamo in età, più torniamo col nostro cuore alla mamma, e a questi primi momenti decisivi della nostra vita che, purtroppo, sono lontani nel tempo. Restano solo ricordi vaghi, lontani ma pulsanti di un amore unico. Spesso sono l’unica consolazione nelle vicende della nostra vita.
Rovistando nella memoria, possiamo anche ritrovare altre immagini: la tenerezza tanto semplice e pratica dei pasti, delle attese, della preoccupazione e della comprensione sempre sincera, anche se non riusciva capire e seguire tutto di noi.
Il poeta lo racconta fin troppo bene: “Come una scatola di candele natalizie, improvvisamente, in mano, da qualche parte dalla parte inferiore della credenza, improvvisamente vengono in mente i pensieri il cuore sfrega e il cuore trema. La madre comprava queste candele, Stanno sonnecchiando. Una bella intenzione dorme in loro. Espandili e accendili, e vedrai quali risultati ne derivano: una faccia ovale lampeggia tra le candele. Il dito della mamma si solleverà. Il vento si fermerà. Bacia la mano di tua madre e i suoi capelli, poi la neve sparge le strade, che sarebbe lampeggiante e scricchiolante. Quindi tutte le luci che tremolano chiudile alla valigia. Apri di notte se sei sfortunato sulla strada”.
Come mai facciamo riferimento al Natale in questa quinta domenica di Pasqua? Perché si tratta della mamma, quindi delle emozioni più profonde, più pure e più belle, forse le uniche vere e disinteressate che abbiamo sperimentato nella nostra vita. E il Vangelo di questa domenica è anch’esso pieno di emozioni: l’ultimo discorso di Gesù ai discepoli prima della sua morte. È un momento che si dovrebbe fermare – come vorremmo fermare le nostre passeggiate con la mamma negli anni felici dove tutto era semplice e sicuro per noi, come le feste di Natale rischiarate con le delizie e i regali preparati da lei. Ma il tempo qui, sulla terra non si ferma e non possiamo tornare a questi momenti felici. Anche Gesù non poteva evitare la conclusione dell’ultima cena. Era evidentemente commosso. In quel momento ha preso congedo dal mondo. Forse pensava alla sua mamma? Le emozioni, la sensibilità sicuramente le ha imparate da lei. Lei gli ha insegnato come essere tenero e attento a tutti i dettagli pratici della vita. Lui imparava aiutandola. Ne vediamo tante risonanze nelle sue parabole. La sua tenera misericordia, che già nell’Antico Testamento aveva tratti materni, senz’altro è stata formata e “allenata” dal suo rapporto con Maria.
Così il Vangelo raccoglie anche queste nostre emozioni intime e meravigliose: nelle parabole, ma anche nei gesti e nelle parole di Gesù, nelle sue emozioni. Qui le nostre emozioni non sono perse. Pur riferendoci ai tempi lontani, ci permettono di commuoverci, amare piangere – rimanere noi stessi, anche se l’ambiente dove viviamo e la nostra storia non lo permettono. Ma queste emozioni, questi ricordi sono essenziali. Sono, in realtà, l’essenza del messaggio di Gesù dell’amore tenero di Dio per ognuno di noi. È lo stesso amore che ci ha accolto al mondo, che ce lo dischiudeva ed insegnava. In realtà ricordandolo e ritrovandolo nel cuore, cerchiamo Dio stesso: l’amore della mamma non è il primo tocco del suo amore, la prima mediazione dell’Incarnazione?
Vado da te nel tuo verde, E nelle tue nevi. E nel tuo vento. Sto andando nel tuo incommensurabile mondo, dove le stagioni sono a portata di mano triplice come la danza dei slesiani e la polvere sale, la macchina scricchiola, il cinghiale attraversa le zone umide e il cervo cresce nella luce e, chiamando, suonando la batteria, combattendo scrolla le stelle assonnate da dosso delle betulle.