Con l’avvento di Enrico Letta alla guida del PD, e con i suoi primi passi nell’intricato è mutevole teatro politico, sembrava che tutto potesse cambiare a suo vantaggio e che anzi il bipolarismo sostenuto dalla legge maggioritaria potesse nuovamente regolare la vita politica italiana. Peraltro questa tendenza sembrava resa praticabile dalla candidatura dell’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte a capo dei Cinque Stelle con la dichiarata possibilità di un Movimento in progressivo abbandono di vesti populiste. Ma in questi giorni, i segnali che vengono da questa area politica sono di tutt’altro segno. Infatti i contatti frenetici tra le due forze per costruire alleanze per le competizioni elettorali amministrative programmate per il prossimo inizio d’autunno, non hanno dato i frutti sperati da Letta, che si è trovato davanti muri insormontabili, soprattutto a Roma e Torino.
Insomma a Roma l’attuale Sindaco Virginia Raggi è decisa a tutto ed ha annunciato la sua ricandidatura con consistenti incoraggiamenti dal suo mondo politico e Carlo Calenda ha posto la sua candidatura autonoma dopo essere stato rifiutato dai Democratici quale concorrente per il centrosinistra; a Torino Chiara Appendino, anch’essa Sindaco uscente, pur avendo sostenuto nel recente passato di non voler proseguire la corsa al Comune, sicuramente incoraggiata dalla situazione romana, ha cambiato idea e si ricandida, sottolineando che qualora nel ballottaggio risultasse terza, sicuramente non inviterà i suoi elettori ad appoggiare il candidato PD.
Da questi primi e significativi accadimenti, i propositi di Letta subiscono un serio colpo riguardo ad una facile alleanza con i Grillini e soprattutto di riguadagnare la rendita di posizione del sistema elettorale maggioritario fortemente logorato in questi anni con l’irruzione nella scena politica del Movimento 5 Stelle, della sensibile crescita della Lega in palese e ruvida concorrenza con gli inseguitori di Fratelli d’Italia, con Forza Italia sempre più imbarazzata, anche all’interno del centrodestra, a causa delle connotazioni populistiche dei propri alleati. Enrico Letta sicuramente è stato precipitoso ed ha sopravvalutato le capacità di leadership di Conte riguardo il poter controllare la propria area alle prese di effetti da montagne russe, rapidi come sono risultate fortune e sfortune elettorali che li vedono fortemente ridimensionati nelle aspettative future e divisi tra loro.
Ma mi chiedo, come si poteva pensare ad una alleanza strutturale giallorossa quando fino a poco tempo fa il loro mantra era di non cooperare giammai con il PD. Si dirà che in politica il mai si può tramutare nel contrario, ma evidentemente i grillini preferiscono una alleanza di scopo e restare in competizione, anziché rischiare una sorta di camicia di Nesso che alla lunga li neutralizzi assoggettandoli al PD. Dunque, se questa è la situazione, la via del ritorno al proporzionale che aveva visto lo stesso Zingaretti d’accordo, non potrà essere evitato, pena un quadro politico reso ancora più fosco dal procedere fermo e sicuro della compagine di centrodestra sia per le amministrative come per le elezioni politiche prossime.
Ora il cambiamento della legge elettorale in proporzionale, non potrà che essere positivo per convincere più elettori a recarsi alle urne, a rinnovare i partiti e provocare una maggiore responsabilizzazione delle posizioni popolari, liberali e riformatrici. Infatti finora, per comodità o per costrizioni, costoro si sono accodate agli schieramenti di destra o di sinistra rendendo la politica italiana tra le più confuse d’Europa.