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Le riforme che mancano per far funzionare il Paese

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Siamo a pochi giorni dal referendum costituzionale e sembra che il “no” sia in grande ripresa. E’ presto per dire come andare a finire. Il dato politico è questo: il populismo fine a sé stesso alla prova dei fatti non regge perché è una fiammata che serve a sfogare delle più o meno legittime tensioni, quando si va al dunque la gente, alla fine, ragiona con la testa.

Bisogna dire che oramai il populismo è diventato la casta. Il M5S è al governo ormai da diversi anni. E’ inevitabile che qualcuno li identifichi con coloro da colpire. Hanno fatto un arma che gli si ritorce un po’ contro.

Uno degli errori di questo referendum è quello di prendere una sola misura come se fosse la panacea di tutti i mali della Repubblica e del Parlamento. La verità è che le riforme vanno fatte in maniera organica.

Se si prende il modello tedesco, si deve fare per intero: un parlamento eletto con il proporzionale, una camera alta, cioè il Senato, che diventa – questa è la vecchia riforma proposta da Nicola Mancino – la Camera della Regioni, la sfiducia costruttiva. A questo punto avremo un sistema messo in grado di funzionare al meglio.

A me la Costituzione piace anche così come è: questa Costituzione ci ha regalato, subito dopo la guerra, i migliori decenni della storia d’Italia dal Rinascimento in poi. Non vedo la necessità di cambiare le regole. Ciò che bisognerebbe cambiare è la classe dirigente e parlo sia della destra sia della sinistra.

Si vota anche in 7 Regioni ed è difficile capire come questo influirà sul governo nazionale. Abbiamo il precedente di D’Alema che si dimise da Palazzo Chigi per delle amministrative; Veltroni perse il posto di segretario del Pd sugli effetti delle Regionali in Sardegna. Non si può escludere che ci sia un rimestio profondo in caso di sconfitta di maggioranza del governo. Ma ci sono anche altrettanti casi che dicono che la sferzata che arriva dalle Regionali rinsalda la coalizione di governo, soprattutto come nei casi dell’attuale coalizione che è nata per evitare le elezioni politiche anticipate. Nulla ci impedisce di pensare che un risultano che non sia catastrofico ma appena potabile per il centro sinistra finisca per rafforzare la coalizione di governo.

Il nostro governo deve passare alla “maggiore età” nel gestire la “ricostruzione” post coronavirus. Questo vuol dire prendere la decisione necessaria sul Mes che rischia di essere quello che sono stati i Giochi Olimpici per Roma: non sono stati fatti e adesso tutti piangono per la perdita di un’occasione di sviluppo fantastica per la città. Noi rischiamo con il Mes di fare la stessa fine.

Il secondo punto riguarda il Recovery Fund: i soldi saranno molti e andranno gestiti con oculatezza e serietà. Non sono sicuro che l’attuale governo, con gli attuali assetti, sia in grado di fare questo tipo di lavoro. Non tutti i ministri hanno fatto una grande riuscita e poi bisognerà vedere se ci sarà un’eventuale indebolimento della maggioranza di governo se non arriveranno a bussare alla porta – come è accaduto anche nei mesi scorsi – alcune componenti del centro destra.

Manca una classe dirigente che possa offrire politiche buone in questo Paese, stiamo ancora lavorando con il cascami del post tangentopoli, una seconda Repubblica che non è mai nata perchè hanno ucciso – sia a destra che a sinistra – la forma partito. Mancano i partiti che sappiano essere progettuali e allo stesso tempo selezionatori della classe dirigente.

Il modello tedesco, si basa sui partiti non nati nel 1945, ma nel 1920, che sono sempre gli stessi – soffocati dal nazismo ma poi rifioriti con altri nomi – e hanno sempre mantenuto la struttura come ce l’avevano prima. Perché? Perché in democrazia il partito è fondamentale.

Gli italiani probabilmente si aspettano un cambiamento effettivo e concreto, c’è ansia di novità che indica la senescenza del sistema politico. L’importante è raccogliere questa legittima richiesta di cambiamento dando una risposta che sia all’altezza dell’Italia, uno dei Paesi più civili, ricchi e avanzati tecnologicamente del mondo. Noi abbiamo bisogno di partiti che si presentino con un progetto di Paese vero, su questo hanno fallito sia la destra, sia la sinistra.

Nicola Graziani: