In questi giorni la commissione parlamentare sulla riforma fiscale ha prodotto un documento finale di sintesi che dovrebbe portare ad una legge delega che il Parlamento, credo, potrà approvare entro luglio. Nulla di nuovo sotto il sole del Bel Paese; è ormai consuetudine dei parlamentari nell’approssimarsi della fine legislatura, presentare una legge sulla riforma fiscale che immancabilmente va a binario morto, salvo riprendere il tema nella nuova legislatura. Speriamo che non avvenga nel futuro, ma le premesse ci sono tutte.
Essendo il tema più caldo per i cittadini, ormai diventato rovente per la sostanziale inarrestabile crescita del prelievo nell’ultimo quarto di secolo, le forze politiche sono state istintivamente portate a misurarsi con un tema così sentito dai cittadini. Non hanno garantito mai risultati apprezzabili ed anzi hanno ingarbugliato sempre più la normativa già largamente inadeguata, spesso con interventi ad hoc per sostenere ora quella, ora quell’altra categoria di interessi.
Lo hanno fatto sempre in assenza di idee o di possibilità di coprire la spesa che inevitabilmente si presenta per sostenere soluzioni credibili e coerenti. Cosicché si sono fatte operazioni che in larga parte ed in ultima analisi sono arrivate ad appesantire i gravami fiscali per gli italiani, oltre che a creare disparità ed ingiustizie difficilmente spiegabili. È utile precisare, anche se elementare, che l’annuncio di rivedere le aliquote a beneficio dei contribuenti, ancor più che in passato a causa dell’alto debito che ormai arriva al 160% del prodotto interno lordo, non sarà possibile per mancanza di risorse per rimpiazzare la diminuzione delle entrate.
I cambiamenti fiscali, come si sa, non si fanno con episodici investimenti come avviene per qualsiasi operazione pubblica, bensì ha bisogno di sostegni finanziari stabili nel quadro dell’intera spesa dello Stato. Non possono essere che tre le leve da adoperare per la necessaria revisione profonda dell’ingiusto ed inefficiente sistema fiscale che richiede come si è detto risorse ingenti e stabili nella disponibilità: crescita delle entrate dello Stato rintracciabili attraverso tutti gli indici economici in crescita; riduzione della spesa pubblica improduttiva, tagliando tutti i rami secchi dello stato e delle autonomie locali; revisione e rimozione di bonus, deduzioni, riduzione e detrazioni fiscali.
Detto ciò, sappiamo che l’attuale politica di ogni colore, è più facile che faccia crescere il numero dei bonus anziché farli ridurre; la crescita economica sarà ottenibile con tempi medio lunghi e comunque avrà bisogno di riassorbire molti danni subiti dalla pandemia e dalle crisi precedenti; il taglio della spesa improduttiva risulta ancora un tabù per la politica italiana che tende a non disturbare i propri rappresentanti nelle regioni e nei comuni, tant’è che nessuno ne parla. Se le cose stanno così, e così stanno, i propositi annunciati saranno un nuovo buco nell’acqua. Sicuramente, poi, si parlerà come si è più volte fatto, di revisione dei carichi a costo zero, ed a quel momento non ci si potrà che preoccupare, in quanto gran parte del ‘sentiment’ politico insegue chi mediaticamente ha più voce, situazione che certamente non favorirà coloro che meritano davvero più attenzioni.