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Riforma Pubblica Amministrazione: un banco di prova per la credibilità dell’Italia

Prosegue incalzante e senza pause l’azione del ministro Renato Brunetta, che nel giro di pochi mesi si è assicurato l’approvazione di misure importanti per la riforma della pubblica amministrazione: un banco di prova per la credibilità dell’Italia nell’attuazione del PNRR (uno dei “compiti a casa” affidatoci dalle Ue) ed una condizione imprescindibile per poter spendere bene le risorse che ci verranno attribuite. I diversi provvedimenti legislativi varati compongono un quadro in grado di determinare una maggiore efficienza della macchina pubblica, a cui spetta necessariamente di pilotare i progetti che dovrebbero consolidare e potenziare la ripartenza in atto dell’economia. Iniziamo con l’elenco, partendo dall’avvenuta conversione in legge del d.l. 1° aprile 2021, n. 44 (c.d. decreto Covid), che ha innovato le modalità di svolgimento dei concorsi pubblici secondo i principi della digitalizzazione, celerità e trasparenza (art. 10). Successivamente vi è stata la conversione in legge del d.l. 31 maggio 2021, n. 77 (c.d. decreto Semplificazioni) che ha introdotto forti misure di semplificazione amministrativa in alcuni dei settori oggetto del Pnrr, quali la transizione ecologica ed energetica e la green economy, le procedure di affidamento degli appalti pubblici, alcune disposizioni relative al procedimento amministrativo (il c.d. silenzio assenso, il potere sostitutivo e l’annullamento d’ufficio) infine, la transizione digitale e l’innovazione tecnologica.

Da ultimo con la conversione definitiva del c.d. decreto reclutamento si completa, almeno dal punto di vista normativo, il processo di rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Pnrr. In primo luogo, si definiscono nuove modalità fast track per il reclutamento da parte delle pubbliche amministrazioni titolari di progetti inseriti nel Pnrr (si applica la modalità concorsuale di cui all’art. 10 del d.l. n. 44/2021) di figure tecniche ad alta specializzazione a tempo determinato (36 mesi rinnovabile una sola volta e non oltre il 2026) che dovrà avvenire in tempi certi (100 giorni) e attraverso modalità semplificate (una prova scritta in modalità digitale). I tecnici selezionati saranno dedicati al supporto della gestione e attuazione dei progetti previsti nel Pnrr con contratti la cui risoluzione per giusta causa dipende dal conseguimento dei traguardi e degli obiettivi intermedi dei progetti medesimi.

Sempre ai fini del reclutamento di figure tecniche ad alta specializzazione per il supporto alla gestione e all’attuazione dei progetti del Pnrr, il Dipartimento della funzione pubblica ha istituito (e sarà operativo a breve termine), un portale apposito ovvero una piattaforma digitale per i concorsi pubblici ordinari, le procedure di reclutamento straordinarie legate all’attuazione del Pnrr e infine per la mobilità dei dipendenti pubblici, che permetterà l’incontro tra domanda pubblica e offerta privata garantendo la massima digitalizzazione e trasparenza delle selezioni. Queste iniziative presentano un limite, per certi versi inevitabile: gli interventi innovativi sono compresi nel perimetro dell’attuazione del PNRR e quindi presentano un carattere di straordinarietà finalizzata agli adempimenti previsti per i prossimi sei anni. Nella speranza che le esperienze compiute nell’ambito del PNRR siano in grado  di compiere il salto di un cambiamento strutturale della PA. Il ministro Brunetta si è accorto di quanto sia difficile cambiare quando molte delle persone selezionate hanno marinato il concorso per l’assunzione a tempo determinato di 2.800 professionisti da destinare nelle istituzioni del Mezzogiorno.

Ma quella del ministro è una scelta giusta che tiene conto non solo della sua prima esperienza alla guida dello stesso Dicastero. A questo proposito molti osservatori si domandano se il Brunetta di oggi sia lo stesso di 10 anni orsono, quando veniva contestato in pubblico da dipendenti che lo accusavano di ogni abuso possibile soltanto perché aveva dichiarato guerra all’assenteismo. Allora Brunetta aveva dato prova della sua vivacità intellettuale e del suo fiuto politico, facendo approvare dal Parlamento una legge delega (l.n.15/2009) che aveva un’impostazione corretta anche se allora fu criticata: quella di allargare il perimetro della copertura legislativa sottraendo materie alla contrattazione e snidando in questo modo gran parte delle casematte che i sindacati si erano assicurati col pretesto della sottoposizione del rapporto di lavoro pubblico al diritto comune. Il ministro portò al varo – in breve tempo – dei decreti delegati; ma tutto il suo sforzo riformatore venne messo in freezer da una strategia di bilancio adottata dal titolare del MEF, Giulio Tremonti, allora ‘’folgorante in soglio’’ quando si vantava di farsi approvare in dieci minuti dal Consiglio dei ministri il ddl della finanziaria. La contrattazione nazionale e decentrata del pubblico impiego, i concorsi e quant’altro vennero bloccati per motivi di contenimento della spesa pubblica e così rimasero per un decennio. Le riforme di Brunetta non poterono tradursi in norme attinenti ai rapporti di lavoro. Si spiega così perché questa volta il ministro ha voluto partire dai rinnovi contrattuali e dal Patto con i sindacati suggellato dalla firma di Mario Draghi: il primo atto compiuto dal suo governo.

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