Concluso lo sciopero generale del 17 e del 24 novembre di Cgil e Uil, ne arrivano ancora altri programmati: il prossimo lunedì 27 in Sardegna; venerdì 1° dicembre nel Sud. Si può dire che sono molto inusuali iniziative di proteste chiamate scioperi generali a “singhiozzo” o a “scacchiera” scadenzate nel tempo, con la presenza di categorie in alternanza, che si consumano quasi sempre di venerdì rinunciando a favorire i cittadini nei servizi pur di tentare una maggiore adesione. Li si potrebbe chiamare quasi mezze proteste generali mancando la Cisl dove ancora è presente e salda la cultura sindacale non antagonista labour cristiana di Giulio Pastore e Mario Romani.
Questi scioperi che elencano i guai dei lavoratori, in assenza di una strategia trasparente e concreta non porteranno nulla ai lavoratori se non altri equivoci di cui si nutriranno interessi e scopi avversi. Aldilà degli errori vistosi recenti, il punto centrale dell’anomalia che dura dall’inizio della seconda Repubblica, è costituito dal conservatorismo crescente con venature populistiche che ha investito una parte importante del sindacalismo italiano. Infatti se in passato, in quella parte del Sindacato che comunque ed in qualche modo era coinvolto nel gioco politico come “cinghia di trasmissione” con il partito, la presenza di riformisti era solida e fungeva da contrappeso all’ideologismo di molti dirigenti di partito. Costoro, agendo all’interno del pluralismo sindacale e nel confronto contrattuale ed economico con l’impresa, costituivano un organismo sistemico in grado di compensare e indirizzare la sintesi in politica e in Parlamento, e diventare così il collante per l’unità della Repubblica nelle grandi prove come quelle economiche, la lotta contro il terrorismo e il lavoro per la saldatura dell’Italia con l’Europa.
Ora la Cgil sembrerebbe orientata a svolgere un altro compito, incluso il collegarsi con il M5s e tenere rapporti più o meno di buon vicinato con il PD. Avendo comunque abbandonato, come sembrerebbe, il proposito di coltivare, attraverso il pluralismo ed il confronto costruttivo con le associazioni imprenditoriali, la via paziente, faticosa ma indispensabile per dare forza al lavoro italiano e soggettività ai lavoratori.. Questo spostamento d’asse a causa dell’indebolimento del ruolo delle parti sociali, sta suscitando non pochi problemi alla governabilità del Paese, all’economia; un varco inaspettato alle forze avventuriste in politica e in economia di cui chissà perché nessuno si cura di analizzare. Dunque finché si è in tempo si cambi modo di fare, si ricostruisca il solido tessuto del dialogo tra parti sociali e si inizi con responsabilità una rinnovata stagione fondata sulla concretezza e sulla responsabilità. Ripetere nelle piazze slogan che mettono in guardia dall’autoritarismo, non ha senso con il comportamento tenuto. Casomai si deve sapere che i poteri verticali vengono favoriti sempre dal malfunzionamento di quelli orizzontali. Come i diritti che si pretendono giustamente, ma senza considerare i doveri che li devono sorreggere.