Si conclude oggi l’anno liturgico, con la solennità di Cristo re: una regalità che si manifesta sulla Croce. Nulla di più inaspettato per gli apostoli, ma anche per noi, anche se forse portiamo una croce al collo e ci diciamo cristiani. Non possiamo vivere la nostra fede senza comprendere la regalità di Cristo, così rifiutando la Salvezza, mentre possiamo affidarci a Lui, proprio come uno dei ladroni crocifissi insieme a Gesù.
Due atteggiamenti opposti: tutti e due i malfattori sono colpevoli, sanno che stanno pagando per i loro errori, e sanno anche che in mezzo a loro c’è un innocente, che ha accettato di caricarsi dell’ingiustizia dell’uomo per pagare al suo posto.
Il primo malfattore lo insulta, chiede che se davvero «è figlio di Dio, che mi faccia scendere dalla croce»: quante volte forse abbiamo pensato anche noi questo… «Ma se Dio può tutto, perché permette questa sofferenza, questa malattia, questa ingiustizia…perché non mi libera?». Pensare male di Dio, questa la radice del rifiuto della Salvezza che viene dalla Croce.
Tutti abbiamo un combattimento nella fede e questa è la vera tentazione, quella decisiva: il rifiuto della storia, della Croce. Non si può capire il senso della sofferenza se non siamo illuminati dalla fede, se non gridiamo a Cristo, se non gli chiediamo aiuto, come fa l’altro uomo crocifisso con Lui.
Un atteggiamento questo dei due ladroni che fa parte della nostra vita: sono tutti e due nella sofferenza, terribile, ma uno dei due ha la forza di rivolgersi a Cristo, perché sa che solo Lui può liberarlo. Con umiltà gli chiede: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Accetta la storia e si fa vicino a Gesù. Cristo non guarda i suoi errori, ma lo accoglie con Amore. Gesù è su quella Croce proprio per lui, perché si possa salvare. Per salvare me e te.