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Una forzatura ai danni della Democrazia

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Le ferie si stanno esaurendo e l’appuntamento referendario confermativo per la riduzione del numero dei parlamentari del 20 e 21 settembre diventa sempre più ravvicinato, spingendo inevitabilmente la comunità politica e i cittadini più sensibili allo sviluppo della democrazia e dell’efficienza dei suoi strumenti di funzionamento, ad alimentare il dibattito per un voto consapevole. Intanto va detto che svolgere le operazioni di voto in circostanze come quelle che stiamo vivendo non si sta dimostrando una scelta saggia: si dovrebbe tener conto della recrudescenza del Covid 19; infatti votare nei locali delle scuole già in trambusto per lo straordinario inizio dell’anno scolastico, addirittura una settimana prima del voto, arrecherà ulteriori difficoltà alle autorità scolastiche, già sovraccariche e sovraesposte a ragione degli impegni per loro già molto gravosi; inoltre votare senza che ci sia un alcun disegno di riassetto delle istituzioni parlamentari e dei criteri per le elezioni dei candidati al rinnovo dei due rami del Parlamento, pare una operazione densa di preoccupazioni che sembra un azzardo cupo ai danni della Democrazia italiana.

Questo referendum, penso, porta in sé tutti i segni della inopportunità, relativamente agli interessi generali del paese ed al rispetto delle istituzioni della Repubblica. Quale è dunque la ragione di così alta importanza, che ci ha condotti ad un referendum? Sento che la volgarizzazione delle motivazioni che si adducono da parte di  alcuni tra la gente, riguarderebbe il costo ed il numero dei parlamentari. Ma non possono essere queste le motivazioni perché i costi e la quantità dei parlamentari non si discostano dalle altre democrazie d’Europa.

Basta fare una analisi comparata con ogni altro sistema in Europa, e questa semplice verità non può che emergere, e con essa la ingannevole propaganda a sostegno dei motivi che avrebbero portato al referendum. Ma la gravità della situazione, invece, principalmente riguarda il fatto che in Parlamento non si è ancora deciso nulla sul nuovo sistema elettorale proporzionale, che pur faceva parte dell’accordo della maggioranza che ha condotto al secondo governo Conte.

Cosicché, se dovesse vincere il sì, non solo si priverebbero ampi territori d’Italia di propri rappresentanti, ma ci troveremmo con realtà culturali ancora ai margini della vita politica con conseguenze gravi per la diserzione già alta dalle urne. Gli stessi equilibri tra le forze politiche, verrebbero affidati ad una sorta di roulette, in quanto il numero del tutto casuale dell’eventuale taglio senza un quadro completo di riferimento, alimenterebbe squilibri caotici per il sistema. Francamente, il complesso delle controindicazioni che comporta il taglio senza equilibrio che ci condurrebbe in una zona buia della democrazia, non è una cosa buona per gli italiani e la loro Repubblica. Va detto che negli ultimi anni non è la prima volta che per cinismo e tornaconto elettorali propri,  talune forze politiche hanno fatto ricorso a proposte altrettanto azzardate. Ma va ricordato che gli elettori hanno sempre saputo cogliere i punti salienti della sfida, e li hanno respinti.

Raffaele Bonanni: