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Referendum costituzionale, qual è la vera posta in gioco

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L’oggetto del referendum è la legge approvata dal Parlamento e non entrata in vigore, perché si tratta di revisione della Costituzione, che modifica due articoli riguardo il numero dei parlamentari. Una legge del genere può essere sottoposta a referendum quando non è approvata dal Parlamento con maggioranza dei due terzi. Questo è un referendum confermativo, per valutare se la volontà espressa dal Parlamento, senza quella maggioranza che dovrebbe rispondere alla volontà degli elettori, è confermata. Altra differenza sostanziale: il referendum, in quanto confermativo, resta valido quale che sia il numero dei partecipanti. Anche con pochissime persone, la maggioranza deciderebbe se la legge può entrare o meno in vigore.

Fra i punti fondamentali, il numero dei deputati e quello dei senatori. La Costituzione approvata nel ’48 prevedeva un numero variabile di parlamentari, raccordato al numero de cittadini. Un deputato ogni 80 mila abitanti e un senatore ogni 200 mila, poiché il sistema della rappresentanza presume una presenza negli organi rappresentativi che sia proporzionata alla popolazione. Successivamente, una legge di riforma alla Costituzione decretò il numero fisso di componenti: 630 alla Camera, 315 al Senato.

La nuova riforma porterebbe i primi a 400 e i secondi a 200, un taglio molto rilevante. Su questo c’è una diversità di opinioni che devono essere valutate. La rappresentanza verrebbe in qualche modo ridotta? E per il Senato, la rappresentanza su base regionale, come la Costituzione prevede, penalizzerebbe alcune Regioni rispetto ad altre? Alcune, come il Trentino-Alto Adige, sarebbero sotto questo aspetto sovra-rappresentate.

L’obiettivo più pubblicizzato è stato quello del risparmio e della maggiore efficienza che si assicurerebbe alle due assemblee. Il risparmio è un obiettivo minimale, e l’equivalente potrebbe essere una moderata riduzione dell’indennità dei parlamentari. Qualche costo il funzionamento del Parlamento ce l’ha e comunque è una somma non particolarmente significativa nel bilancio complessivo dello Stato. L’importante è la seconda valutazione. Anche qui le opinioni possono essere diverse.

Certamente la riduzione drastica dei parlamentari, tende a diminuire la presenza delle minoranze, o a eliminarla. E questo è particolarmente incisivo nell’ipotesi in cui ci sia, come attualmente nel nostro sistema, un meccanismo elettorale maggioritario, che verrebbe rafforzato. C’è da valutare con attenzione perché il Senato, con 200 componenti, potrebbe svolgere, così come è congegnato, le commissioni parlamentari? Sarebbero composizioni estremamente ridotte numericamente e questo forse non è un bene. La riduzione del numero dei parlamentari dovrebbe essere accompagnata da altre misure, alcune di carattere costituzionale, altre regolamentare e legislativo. Una legge elettorale che attenui in qualche modo la riduzione di rappresentanze delle minoranze, in senso proporzionale o con meccanismi che consentano di avere gioco più largo possibile delle idee in Parlamento, assicurando la rappresentanza e governabilità.

Se è un numero ristretto di parlamentari, particolarmente in Senato, e vede molti di essi impegnati nel governo, quindi distolti dal lavoro parlamentare, probabilmente qualche difficoltà ci sarebbe. Ci stiamo abituando un po’ al dominio del governo nelle decisioni legislative e nel restringere le aree di dibattito parlamentare, con una minore incidenza del Parlamento che è luogo costituzionalmente deputato all’elaborazione, all’approvazione delle leggi e all’enunciazione del giudizio politico. Va fatta attenzione a non ridurre il ruolo del Parlamento.

Altro punto di riflessione, è l’identità di funzione delle due assemblee. Quasi tutti i progetti di revisione costituzionale portavano a una riduzione, anche se in misura minore. Quali saranno gli effetti? Trascinerà altre modifiche costituzionali o, qualora approvata, rimarrà isolata, creando scompensi nel sistema? Questi sono i dubbi che possono essere posti. E’ un tema che richiede particolare attenzione da parte degli elettori – che è bene partecipino alla decisione –  e che riguardando alla Costituzione, non è legato ad appartenenze o convinzioni di partito, ma deve essere affrontato valutando e riflettendo direttamente su quelle che sono le soluzioni.

Cesare Mirabelli: